Scilla (Italia), 17 settembre 2008
Un fatto di cronaca raccapricciante - l'uccisione, a Milano, di un diciannovenne italiano di pelle nera, avvenuta con modalità abominevoli - ha riportato d'attualità il tema della maggiore o minore accondiscendenza degli italiani nei confronti del razzismo e, in generale, dell'intolleranza della diversità.
L'opposizione del Partito democratico al governo Berlusconi IV s'è subito "tuffata a pesce", accusando il Popolo della Libertà e la Lega Nord di portare la responsabilità della vera o presunta esplosione del razzismo e dell'intolleranza della diversità nella società italiana.
Fatta la "tara" delle inevitabili strumentalizzazioni, credo che il problema esista, anche se non riguarda solo i partiti oggi al governo e nemmeno la sola classe politica. E' il problema della superficialità del linguaggio, dello schematismo esasperato della comunicazione pubblica e della confusione di concetti e tematiche ingenerati da una non adeguata preparazione riguardante i problemi volta a volta trattati.
Se, infatti, fino a pochissimi anni fa, le forze di centrosinistra non esitavano un solo istante a certificare come "razzista" o "xenofoba" la domanda di sicurezza e di libertà che veniva da un qualsiasi cittadino - quasi sempre esponente di un ceto medio impoverito se non del vero e proprio proletariato, magari elettore di Rifondazione comunista o degli allora Democratici di sinistra -, durante la lunga agonia del governo Prodi II, nella campagna elettorale nazionale e nei primi mesi di questa XVI legislatura repubblicana, la tendenza dominante è stata, invece, ad individuare pressoché esclusivamente nella presenza straniera le minacce all'ordine e alla sicurezza pubblica, quasi che da prevenire, individuare e punire non fossero i reati, ma l'identità nazionale o religiosa di chi li compiva o avrebbe potuto compierli.
Il magistrato requirente incaricato dell'esercizio dell'azione penale nei confronti dei presunti autori dell'orrendo crimine cui mi riferivo all'inizio non ha ritenuto di contestare agli stessi l'aggravante del pregiudizio di tipo razziale.
Non ho dati per contestare questa tesi. Però sentendo e risentendo più volte la cronaca di questo fatto, non riesco ad impedirmi di pensare che i gestori dell'esercizio commerciale non avrebbero esercitato questa foga inaudita se non avessero visto che l'autore del furto di generi alimentari era di pelle scura. E questo anche se avessero pensato che quest'ultimo si fosse appropriato dell'incasso o di parte di esso.
E', quindi, molto più facile di quanto appaia che dalla naturale diffidenza verso chi è o appare diverso si passi al pregiudizio, all'odio e, quindi, anche alla più abominevole delle manifestazioni di violenza.
Solo che partendo da questa considerazione, il politico più improvvisato o l'operatore dell'informazione più svogliato giungono spesso alla conclusione che è giusto permettere agl'immigrati extracomunitari o neocomunitari di crearsi dei veri e propri "universi" di disordine e strapotere all'interno delle nostre città, senza mai osare chieder loro se hanno i titoli legali per vivere nella Repubblica.
E quindi sarebbe ora di smetterla di fare confusione e di mescolare situazioni certamente "confinanti" ma ben distinte.
Contrastare con ogni mezzo l'immigrazione clandestina; rendere più razionale il processo d'immigrazione legale; lottare fino allo spasimo contro ogni e qualsiasi forma d'illegalità, a cominciare da quelle commesse dai cittadini della Repubblica sono tutte facce della medesima medaglia. Come lo è l'accoglienza degli immigrati regolari, accompagnata dalla pretesa da loro che si accostino con serietà all'apprendimento della lingua e della cultura italiana, dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e politico e dei valori essenziali posti a base delle modalità della nostra convivenza civile. Come lo è l'educazione - familiare, scolastica, da parte del mondo dell'informazione e della cultura e della società - al riconoscimento e al rispetto della diversità nazionale, razziale, religiosa, sessuale e relativa all'orientamento sessuale. Per una Nazione con una storia simile a quella d'Italia tale educazione al riconoscimento e al rispetto della diversità dovrebbe estendersi anche alle comunità di compatrioti residenti nelle diverse Regioni della Repubblica.
Per altre mie considerazioni sul tema, riguardatevi questo mio articolo del 13 giugno scorso.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
Un fatto di cronaca raccapricciante - l'uccisione, a Milano, di un diciannovenne italiano di pelle nera, avvenuta con modalità abominevoli - ha riportato d'attualità il tema della maggiore o minore accondiscendenza degli italiani nei confronti del razzismo e, in generale, dell'intolleranza della diversità.
L'opposizione del Partito democratico al governo Berlusconi IV s'è subito "tuffata a pesce", accusando il Popolo della Libertà e la Lega Nord di portare la responsabilità della vera o presunta esplosione del razzismo e dell'intolleranza della diversità nella società italiana.
Fatta la "tara" delle inevitabili strumentalizzazioni, credo che il problema esista, anche se non riguarda solo i partiti oggi al governo e nemmeno la sola classe politica. E' il problema della superficialità del linguaggio, dello schematismo esasperato della comunicazione pubblica e della confusione di concetti e tematiche ingenerati da una non adeguata preparazione riguardante i problemi volta a volta trattati.
Se, infatti, fino a pochissimi anni fa, le forze di centrosinistra non esitavano un solo istante a certificare come "razzista" o "xenofoba" la domanda di sicurezza e di libertà che veniva da un qualsiasi cittadino - quasi sempre esponente di un ceto medio impoverito se non del vero e proprio proletariato, magari elettore di Rifondazione comunista o degli allora Democratici di sinistra -, durante la lunga agonia del governo Prodi II, nella campagna elettorale nazionale e nei primi mesi di questa XVI legislatura repubblicana, la tendenza dominante è stata, invece, ad individuare pressoché esclusivamente nella presenza straniera le minacce all'ordine e alla sicurezza pubblica, quasi che da prevenire, individuare e punire non fossero i reati, ma l'identità nazionale o religiosa di chi li compiva o avrebbe potuto compierli.
Il magistrato requirente incaricato dell'esercizio dell'azione penale nei confronti dei presunti autori dell'orrendo crimine cui mi riferivo all'inizio non ha ritenuto di contestare agli stessi l'aggravante del pregiudizio di tipo razziale.
Non ho dati per contestare questa tesi. Però sentendo e risentendo più volte la cronaca di questo fatto, non riesco ad impedirmi di pensare che i gestori dell'esercizio commerciale non avrebbero esercitato questa foga inaudita se non avessero visto che l'autore del furto di generi alimentari era di pelle scura. E questo anche se avessero pensato che quest'ultimo si fosse appropriato dell'incasso o di parte di esso.
E', quindi, molto più facile di quanto appaia che dalla naturale diffidenza verso chi è o appare diverso si passi al pregiudizio, all'odio e, quindi, anche alla più abominevole delle manifestazioni di violenza.
Solo che partendo da questa considerazione, il politico più improvvisato o l'operatore dell'informazione più svogliato giungono spesso alla conclusione che è giusto permettere agl'immigrati extracomunitari o neocomunitari di crearsi dei veri e propri "universi" di disordine e strapotere all'interno delle nostre città, senza mai osare chieder loro se hanno i titoli legali per vivere nella Repubblica.
E quindi sarebbe ora di smetterla di fare confusione e di mescolare situazioni certamente "confinanti" ma ben distinte.
Contrastare con ogni mezzo l'immigrazione clandestina; rendere più razionale il processo d'immigrazione legale; lottare fino allo spasimo contro ogni e qualsiasi forma d'illegalità, a cominciare da quelle commesse dai cittadini della Repubblica sono tutte facce della medesima medaglia. Come lo è l'accoglienza degli immigrati regolari, accompagnata dalla pretesa da loro che si accostino con serietà all'apprendimento della lingua e della cultura italiana, dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale e politico e dei valori essenziali posti a base delle modalità della nostra convivenza civile. Come lo è l'educazione - familiare, scolastica, da parte del mondo dell'informazione e della cultura e della società - al riconoscimento e al rispetto della diversità nazionale, razziale, religiosa, sessuale e relativa all'orientamento sessuale. Per una Nazione con una storia simile a quella d'Italia tale educazione al riconoscimento e al rispetto della diversità dovrebbe estendersi anche alle comunità di compatrioti residenti nelle diverse Regioni della Repubblica.
Per altre mie considerazioni sul tema, riguardatevi questo mio articolo del 13 giugno scorso.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
2 commenti:
Caro amico, ti posso assicurare che il Nord è anni luce indietro su queste tematiche, qui razzisti si diventa sui banchi di scuola e specialmente in famiglia...
Qui tanti di questi coglioni si sentono "superiori" ma non si accorgono che sono solo dei piccoli uomini senza anima.
Sto facendo di tutto per portare via la mia famiglia da questi luoghi...spero un giorno di tornare nella mia terra.
Complimenti per il tuo blog.
Ciao
Grazie dei complimenti. T'invito a seguire ancora il mio sito però ti sollecito a non generalizzare e a non cadere nell'errore di ciò che tu stesso condanni. Sono sicuro che puoi esprimerti anche senza usare termini turpi o offensivi. Scrivi di nuovo presto! Ciao!
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