domenica 22 giugno 2008

Si riapre il caso Ustica. Dopo un'intervista a Cossiga del febbraio scorso

Scilla (Italia), 22 giugno 2008

La procura di Roma ha riaperto il "caso Ustica", vale a dire l'esplosione in volo, il 27 giugno 1980, di un DC-9 dell'Itavia, partito da Bologna e diretto a Palermo, dove non è mai arrivato, essendosi distrutto sui cieli dell'isola mediterranea. I ventotto anni che ci separano dal tragico avvenimento hanno testimoniato un susseguirsi di ipotesi più o meno fantasiose, depistaggi, rivelazioni subito smentite...
Ora si ricomincia, con l'ex presidente Cossiga che - in un'intervista a Sky TG 24 del febbraio 2008 - rivela di aver ricevuto, assieme a Giuliano Amato - quand'erano, rispettivamente, presidente della Repubblica e sottosegretario alla presidenza del Consiglio e quindi, probabilmente, fra il 1985 e l'87 - una comunicazione dei servizi segreti italiani che lo rendeva edotto delle modalità di svolgimento dell'incidente, individuando una responsabilità francese.
I fatti, se non ho frainteso le parole di Cossiga, si sarebbero svolti - sempre secondo tale informativa dei servizi - pressappoco nel modo seguente. La notte del 27 giugno 1980, la Francia avrebbe avuto notizia che il capo dello Stato libico Gheddafi sarebbe decollato dall'allora Iugoslavia in direzione Libia, o viceversa. La stessa Francia, avrebbe quindi preso l'iniziativa dell'abbattimento dell'aereo presidenziale libico, facendo partire un missile dalla sua portaerei Clemenceau. Se non che, lo stesso Gheddafi sarebbe stato informato proprio dai servizi segreti italiani dei preparativi dell'attentato poco dopo il decollo del suo velivolo. Il velivolo libico, dunque, si sarebbe posto accanto al volo passeggeri italiano, occultando il proprio segnale radar in quello dell'aereo italiano. Col risultato che i francesi avrebbero indirizzato il proprio missile sul DC-9 credendo di farlo contro l'aereo di Gheddafi. Da Parigi, fino al momento, non si registrano commenti ufficiali alle agghiaccianti parole di Cossiga, pronunciate con la consueta naturalezza.
L'ex presidente, col consueto compiaciuto sorriso di "chi la sa lunga", ha premesso alle sue frasi un: "adesso si può dire".
Il responsabile di questo sito non appartiene al novero di coloro i quali ritengono che la cosiddetta "ragion di Stato" sia in realtà un'astrazione che non possa giustificare - in nessuna circostanza e per nessun motivo - il mantenimento del benché minimo segreto.
Ad ogni modo, neanch'io sono riuscito ad impedirmi di provare dei forti brividi di freddo all'udire le parole dello statista sardo, che pure stimo e che continuo a considerare - con Einaudi, Ciampi e, finora, Napolitano - uno dei migliori capi dello Stato repubblicano. E non possono neanche tacersi talune domande che nascono automaticamente. Perché la Francia desiderava la morte di Gheddafi? E, soprattutto, perché l'Italia no, visto soprattutto che il militare libico non si è mostrato per nulla grato con la nostra Nazione nei tre decenni successivi? Proprio non sospettavano gl'italiani che, passando quell'informazione ai libici all'insaputa dei francesi, avrebbero messo a rischio la vita di numerosi cittadini della Repubblica totalmente innocenti? E perché, avvenuta la tragedia, si è preferito lasciare le famiglie delle vittime a logorarsi, oltre che nel dolore per le immense perdite, nella ricerca di una verità risaputa ma impossibile da trovare, anziché richiamare la Repubblica transalpina ad una responsabilità quantomeno civile, magari inventando - per proteggere la pace franco-libica e, di conseguenza, euro-araba - una versione plausibile che escludesse che Gheddafi fosse l'obiettivo del missile lanciato?
Domande ingenue, forse, le mie. Eppure non riesco a non farle pubblicamente, sperando che qualcuno si degni di abbozzare una risposta che non suoni come l'ennesimo oltraggio alla memoria dei caduti.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

4 commenti:

Lucrezia ha detto...

Ciao Giovanni, ti rinnovo i miei complimenti per il sito che hai fatto, gli argomenti sono veramente interessanti, l’ho inserito tra i preferiti.Mi scuso tanto, ma in questo periodo impegni lavorativi mi stanno tenendo lontana dal Blog, spero d’intervenire in futuro.Poiché oggi è il tuo onomastico, ne approfitto per farti tantissimi auguri.

Giovanni Panuccio ha detto...

Grazie di cuore, Lucrezia! Per i complimenti e per gli aguri. Non ho pretese di fare un grande sito, ma solo di dire la mia! Ciao!

Anonimo ha detto...

Caro Panuccio, sono certo che le insincere e gravi dichiarazioni di Cossiga nascondano un intento politico tutto da scoprire.
Ho sostenuto nei miei due libri “Ai margini di Ustica” e “Ai margini di Ustica 2 – In tutta omertà” che il depistaggio del Mig libico non ha nulla a che fare col tentativo degli americani di uccidere Gheddafi. Te ne riporto alla lettera un passaggio tratto dal capitolo << Al cospetto della Corte>>:
“…
- No, no, io voglio sentire i fatti, non il racconto del teste, la conclusione concreta quale sarebbe? - Ribadì il giudice.
Era fin troppo palese la determinazione del Presidente. Egli, giustamente, voleva impedirmi di fare qualsiasi accenno a quelle che da sempre erano state solo mie opinioni. Da parte mia, al contrario, v’era il desiderio, ma forse anche il fermo proposito, di suscitare quantomeno perplessità su quella che m’era sempre parsa una soluzione pasticciata. La pista secondo cui gli americani avevano combinato quel gran guaio nel tentativo fallito di uccidere il leader libico, non aveva mai avuto alcun serio riscontro. Essa, peraltro, era nata nel corso del depistaggio, della messinscena di Castelsilano. Era questo l’aspetto che intendevo far emergere con la mia deposizione. Volevo far sapere ai giudici che quel che Zitelli aveva sentito, senza manco dovere origliare, come chiacchiericcio degli agenti segreti nel corso dei lavori di recupero del Mig, stava a significare che l’ipotesi controversa della predetta pista era stata fatta circolare ad arte, giusto nel periodo della sospettata presenza di Tascio a Castelsilano, e questo era un fatto. Erano stati proprio gli addetti ai lavori, i depistatori dunque, che avevano messo in giro quello scenario con l’intenzione di nascondere la sacrosanta verità. Altro che Gheddafi! E tutti coloro che hanno avallato e diffuso la falsa versione, senza trovare nel tempo il coraggio di riconoscerne l’errore, tutti dovevano poter comprendere di essere stati depistati, sempre che nel loro operato sia possibile ravvisare la buona fede. …”
In “Ai margini di Ustica 2” ho anche fatto qualche riflessione sulla c.d. “ragion di Stato”.
Riporto dal capitolo << Occhi senza lacrime >>:
“…
In nome del popolo Italiano non sono state accertate responsabilità. Tutti assolti! I generali, dicono i giudici, sono stati incriminati ingiustamente. Essi oggi possono andar fieri del loro trascorso e chi aveva intravisto delle macchie nel loro operato, ha solo gettato fango sulle istituzioni democratiche del nostro paese e dovrà pentirsene. I testimoni che hanno giurato di aver visto quella notte, dopo una manciata di minuti dalla caduta del DC9, insolite stranezze fatte di inseguimenti aerei e di lampi di guerra sui cieli della Calabria non sono credibili; e se hanno dato all’inchiesta un apporto concreto, sono stati incivili e sconsiderati. E se hanno caparbiamente insistito nelle loro farneticazioni, devono essere considerati alla stregua di criminali, capaci di uccidere la verità e i parenti.
Ma è davvero possibile che tutto ciò che era stato accertato in anni e anni di indagini possa essere cancellato e negato con tanta disinvoltura? Possibile che la gente più avveduta e i giornalisti non abbiano notato delle bizzarre contiguità, preludio di altrettanto sospette collaborazioni in corso d’opera? Possibile che nessuno abbia scorto, dietro l’alibi abbastanza comodo della “ragion di Stato”, altre motivazioni non necessariamente di interesse generale, come quelle politiche e diplomatiche, ma anche le ben diverse logiche elettorali, di condizionamento, di semplice schieramento, di vaga opportunità? Possibile che nessuno si sia chiesto se talune promozioni e candidature al Parlamento nazionale rappresentino il premio del silenzio?
E i politici, ora che è tempo di consuntivo, che fanno? Tacciono. Fingono di non sapere. Ci invitano a visitare il Museo della Memoria allestito a Bologna per non dimenticare. Dicono di avere la coscienza pulita, di aver fatto quanto era nelle loro possibilità e che adesso è tempo che della strage si occupino gli storici. Pretenderanno di vederci appagati. E noi finiremo realmente col dire che era ora che si accertasse la verità. Questo faremo. Fingeremo indifferenza solo per non dover traumatizzare i nostri figli; lo faremo per amor di patria, come non conoscessimo a quali approdi perverranno poi gli studiosi. Gli occhi senza lacrime della storia ci diranno che il secolo appena scorso è stato permeato da stragi senza colpevoli, da fatti sanguinosi senza un perché. …”
Cordialmente.
Enrico Brogneri

Giovanni Panuccio ha detto...

Grazie, Brogneri, per il tuo valido contributo.
Non c'è dubbio che sull'anno orribile - salvo che per la mia nascita! - 1980 (Ustica e Stazione di Bologna) siamo ben lontani dall'aver finito di meditare e di interrogaci.

Giovanni Panuccio