Con queste parole di Christopher Caldwell, Financial Times - tradotto e citato dal Corriere della Sera per un editoriale di Piero Ostellino - è intervenuto nel ricorrente dibattito fra politica e giustizia (o, per dirla in termini costituzionalistici, fra poteri legislativo ed esecutivo, da una parte, e ordine giudiziario, dall'altra) in Italia, ritornato di scottante attualità per via, da un lato, dell'imminenza della sentenza di primo grado del caso Berlusconi-Mills e, dall'altro, dei tentativi posti in essere dalla maggioranza governativo-parlamentare di centrodestra di evitare gli effetti politici di questa sentenza - nel timore che sia di condanna - e, al tempo stesso, di riproporre il tema dell'immunità penale per i quattro "supremi funzionari" della Repubblica, come forma minima di equilibrio fra poteri dello Stato e di garanzia delle scelte del popolo sovrano.
Come già ebbi a scrivere lo scorso 19 giugno, anch'io - come Caldwell e Ostellino - ritengo pienamente fondata tale esigenza e necessario ed urgente il provvedere a soddisfarla. Tanto più, scrive ancora l'editorialista anglosassone nel medesimo pezzo citato su, in una Nazione come l'Italia, la quale - al pari degli Stati Uniti citati a proposito dei casi Clinton - presenta dei profili di politicizzazione dei magistrati particolarmente notevoli. A tal proposito, ritengo sia utile citare, da Clandestinoweb, una lunga interpellanza parlamentare presentata al ministro della Giustizia dal senatore di diritto e a vita Francesco Cossiga nella quale, documenti alla mano, l'ex presidente chiede come la giudice chiamata a valutare la non colpevolezza o meno di Berlusconi possa essere considerata - come ogni giudice dev'essere - assolutamente neutrale ed imparziale riguardo alle parti del processo visto che la medesima, soprattutto durante la legislatura conclusasi nel 2006, si è assiduamente espressa contro praticamente tutte le politiche portate avanti dai governi Berlusconi II e III e dalla maggioranza dell'allora Casa delle Libertà in ogni settore della vita pubblica dando ad essi sempre - aggiungo io - una lettura definibile politologicamente come di estrema sinistra. Riportando numerose citazioni testuali, documentate e documentabili, il senatore chiede insistentemente, premettendo sempre che la giudice in questione ha comunque diritto a professare tali idee, come tale giudice possa, al tempo stesso, giudicare quel cittadino primo responsabile delle situazioni che hanno suscitato la sua riprovazione sempre platealmente espressa senza suscitare nel cittadino medesimo il dubbio di essere fatto oggetto di un giudizio non sereno.
Di fronte a tale quadro, ritengo personalmente inutile disquisire sul tasso di moralità e onestà di Berlusconi o sulla tempistica - sempre quanto meno sospetta - delle iniziative giudiziarie che lo hanno riguardato a decorrere dall'autunno del 1994: chi avesse tempo e voglia potrebbe trovare migliaia di documenti a suffragio di entrambe le tesi. Quello che mi preme, in questo momento, come per i citati editorialisti di FT e Corsera, è di sottolineare l'importanza che avrebbe una norma che - sospendendo con equilibrio i procedimenti giudiziari penali nei confronti dei capi dello Stato, del Parlamento e del governo - restituisse stabilità al pronunciamento degli elettori e serenità ai rapporti fra le Istituzioni e fra queste e l'opinione pubblica, a giovamento anche dell'immagine internazionale della Repubblica.
Tale norma pare che sia stata trovata dal ministro Alfano nell'ultima versione di quello che era già stato, ab origine, il lodo Maccanico, divenendo in seguito il lodo Schifani per riapparire, oggi, nelle vesti di lodo Maccanico-Schifani-Alfano. Quest'ultima versione del provvedimento ha dovuto fare i conti con la pronuncia della Corte costituzionale che aveva dichiarato costituzionalmente illegittima gran parte della normativa contenuta nella precedente legge, inserendo, in particolare, la facoltà per il soggetto interessato dalla sospensione del procedimento giudiziario di rinunziarvi. E' inoltre ribadita la sospensione dei termini di prescrizione ed è previsto che dalla sospensione del procedimento non siano interessati i cosiddetti "atti improrogabili" come - ad esempio - l'audizione di un teste con una ridotta speranza di vita a causa di vecchiaia o di grave malattia. E' data, altresì, la possibilità alle parti lese dal presunto comportamento criminale del soggetto in questione di trasferire il processo in sede civile. La sospensione non dovrebbe reiterarsi per più di una legislatura (nel caso dei presidenti di Camera, Senato e Consiglio) o - nel caso del presidente della Repubblica - di un mandato, salvo il caso che il soggetto riceva una nuova nomina nel corso della medesima legislatura: tale eccezione dovrebbe riguardare soprattutto i casi di formazione di un nuovo governo con lo stesso presidente del Consiglio, ma la mancanza di esplicitazione ha fatto sospettare l'ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida che la norma potrebbe applicarsi anche in caso di elezione - ad esempio - di Berlusconi al Quirinale, cosa quantomeno improbabile essendo tale elezione prevista per l'inizio della prossima legislatura. Lo stesso Onida critica la scelta del procedimento legislativo ordinario affermando che le eccezioni alla regola generale della sottoponibilità di tutti i cittadini all'esercizio dell'azione penale possa essere disposta soltanto con legge costituzionale. Ed è probabilmente questo, anche secondo me, il punto più debole della proposta di riforma anche se, come già rilevato, il nuovo lodo è stato molto più attento del precedente alla giurisprudenza della Corte costituzionale.
La storia parlamentare del lodo Alfano è ancora tutta da scrivere, mentre non pare del tutto da escludere la sua conversione in disegno di legge costituzionale. Fin d'ora, si può prevedere un più o meno convinto sostegno allo stesso, oltre che della maggioranza, anche dei neodemocristiani di Pier Ferdinando Casini. Quanto alla coalizione Pd-Idv, se non sorprende minimamente l'annuncio di barricate di Antonio Di Pietro, personaggio notoriamente insensibile alla tematica dell'equilibrio fra i poteri oltre che, per certi aspetti, perfino a quella dei limiti all'invadenza dei magistrati nella sfera privata dei cittadini e della possibilità data ai primi dall'ordinamento di limitare la libertà dei secondi, assolutamente risibile appare la posizione dei veltroniani che condizionano il loro appoggio al provvedimento al rinvio della sua entrata in vigore. Come dire: l'esigenza di ripristinare l'equilibrio fra i poteri e di tutelare il responso delle urne è avvertita anche da noi, purché a beneficiarne non siano Berlusconi e gli elettori del Popolo della Libertà, della Lega Nord e del Movimento per l'Autonomia.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
Come già ebbi a scrivere lo scorso 19 giugno, anch'io - come Caldwell e Ostellino - ritengo pienamente fondata tale esigenza e necessario ed urgente il provvedere a soddisfarla. Tanto più, scrive ancora l'editorialista anglosassone nel medesimo pezzo citato su, in una Nazione come l'Italia, la quale - al pari degli Stati Uniti citati a proposito dei casi Clinton - presenta dei profili di politicizzazione dei magistrati particolarmente notevoli. A tal proposito, ritengo sia utile citare, da Clandestinoweb, una lunga interpellanza parlamentare presentata al ministro della Giustizia dal senatore di diritto e a vita Francesco Cossiga nella quale, documenti alla mano, l'ex presidente chiede come la giudice chiamata a valutare la non colpevolezza o meno di Berlusconi possa essere considerata - come ogni giudice dev'essere - assolutamente neutrale ed imparziale riguardo alle parti del processo visto che la medesima, soprattutto durante la legislatura conclusasi nel 2006, si è assiduamente espressa contro praticamente tutte le politiche portate avanti dai governi Berlusconi II e III e dalla maggioranza dell'allora Casa delle Libertà in ogni settore della vita pubblica dando ad essi sempre - aggiungo io - una lettura definibile politologicamente come di estrema sinistra. Riportando numerose citazioni testuali, documentate e documentabili, il senatore chiede insistentemente, premettendo sempre che la giudice in questione ha comunque diritto a professare tali idee, come tale giudice possa, al tempo stesso, giudicare quel cittadino primo responsabile delle situazioni che hanno suscitato la sua riprovazione sempre platealmente espressa senza suscitare nel cittadino medesimo il dubbio di essere fatto oggetto di un giudizio non sereno.
Di fronte a tale quadro, ritengo personalmente inutile disquisire sul tasso di moralità e onestà di Berlusconi o sulla tempistica - sempre quanto meno sospetta - delle iniziative giudiziarie che lo hanno riguardato a decorrere dall'autunno del 1994: chi avesse tempo e voglia potrebbe trovare migliaia di documenti a suffragio di entrambe le tesi. Quello che mi preme, in questo momento, come per i citati editorialisti di FT e Corsera, è di sottolineare l'importanza che avrebbe una norma che - sospendendo con equilibrio i procedimenti giudiziari penali nei confronti dei capi dello Stato, del Parlamento e del governo - restituisse stabilità al pronunciamento degli elettori e serenità ai rapporti fra le Istituzioni e fra queste e l'opinione pubblica, a giovamento anche dell'immagine internazionale della Repubblica.
Tale norma pare che sia stata trovata dal ministro Alfano nell'ultima versione di quello che era già stato, ab origine, il lodo Maccanico, divenendo in seguito il lodo Schifani per riapparire, oggi, nelle vesti di lodo Maccanico-Schifani-Alfano. Quest'ultima versione del provvedimento ha dovuto fare i conti con la pronuncia della Corte costituzionale che aveva dichiarato costituzionalmente illegittima gran parte della normativa contenuta nella precedente legge, inserendo, in particolare, la facoltà per il soggetto interessato dalla sospensione del procedimento giudiziario di rinunziarvi. E' inoltre ribadita la sospensione dei termini di prescrizione ed è previsto che dalla sospensione del procedimento non siano interessati i cosiddetti "atti improrogabili" come - ad esempio - l'audizione di un teste con una ridotta speranza di vita a causa di vecchiaia o di grave malattia. E' data, altresì, la possibilità alle parti lese dal presunto comportamento criminale del soggetto in questione di trasferire il processo in sede civile. La sospensione non dovrebbe reiterarsi per più di una legislatura (nel caso dei presidenti di Camera, Senato e Consiglio) o - nel caso del presidente della Repubblica - di un mandato, salvo il caso che il soggetto riceva una nuova nomina nel corso della medesima legislatura: tale eccezione dovrebbe riguardare soprattutto i casi di formazione di un nuovo governo con lo stesso presidente del Consiglio, ma la mancanza di esplicitazione ha fatto sospettare l'ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida che la norma potrebbe applicarsi anche in caso di elezione - ad esempio - di Berlusconi al Quirinale, cosa quantomeno improbabile essendo tale elezione prevista per l'inizio della prossima legislatura. Lo stesso Onida critica la scelta del procedimento legislativo ordinario affermando che le eccezioni alla regola generale della sottoponibilità di tutti i cittadini all'esercizio dell'azione penale possa essere disposta soltanto con legge costituzionale. Ed è probabilmente questo, anche secondo me, il punto più debole della proposta di riforma anche se, come già rilevato, il nuovo lodo è stato molto più attento del precedente alla giurisprudenza della Corte costituzionale.
La storia parlamentare del lodo Alfano è ancora tutta da scrivere, mentre non pare del tutto da escludere la sua conversione in disegno di legge costituzionale. Fin d'ora, si può prevedere un più o meno convinto sostegno allo stesso, oltre che della maggioranza, anche dei neodemocristiani di Pier Ferdinando Casini. Quanto alla coalizione Pd-Idv, se non sorprende minimamente l'annuncio di barricate di Antonio Di Pietro, personaggio notoriamente insensibile alla tematica dell'equilibrio fra i poteri oltre che, per certi aspetti, perfino a quella dei limiti all'invadenza dei magistrati nella sfera privata dei cittadini e della possibilità data ai primi dall'ordinamento di limitare la libertà dei secondi, assolutamente risibile appare la posizione dei veltroniani che condizionano il loro appoggio al provvedimento al rinvio della sua entrata in vigore. Come dire: l'esigenza di ripristinare l'equilibrio fra i poteri e di tutelare il responso delle urne è avvertita anche da noi, purché a beneficiarne non siano Berlusconi e gli elettori del Popolo della Libertà, della Lega Nord e del Movimento per l'Autonomia.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
Sviluppi successivi alla pubblicazione dell'articolo e altri commenti (da Corriere.it) e comunicato del Quirinale:
2 luglio: Il presidente della Repubblica ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge Alfano;
Scontro frontale: il commento di Massimo Franco (1 luglio);
La patologia italiana: l'editoriale dello storico Ernesto Galli della Loggia (29 giugno);
22 luglio: il Senato approva in via definitiva la legge Alfano;
23 luglio: il presidente della Repubblica promulga la legge a sole ventiquattro ore di distanza dall'approvazione parlamentare;
Documento: il comunicato del Quirinale.
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