domenica 8 giugno 2008

Intercettazioni? Sì, no, sì ma...

Scilla (Italia), 8 giugno 2008

Il presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, davanti ad una platea composta in gran parte da imprenditori aderenti a Confindustria, riuniti a Santa Margherita Ligure, poco prima o poco dopo essersi ripreso dall'ennesimo malore (chirurgia estetica o no, settantadue anni sono sempre settantadue anni), ha lanciato lo scorso 7 giugno uno dei suoi annunci-bomba: è in preparazione un disegno di legge che, una volta divenuto legge ed entrato in vigore, istituirà un "divieto assoluto" di intercettazioni telefoniche (e, presumo, ambientali) in tutte le indagini che non riguardino la mafia ed il terrorismo in tutte le loro forme. Più che tale "bomba", a stupire chi scrive è stato lo spontaneo, fragoroso, applauso che si è immediatamente levato dalla platea confindustriale, quasi che la gran parte degli operatori economici italiani - rappresentati da quella platea - più che annunci di riduzione della pressione fiscale o di semplificazione delle procedure burocratiche non aspettasse dal governo altro che questo: l'assicurazione che nella propria vita - presumibilmente ricca di particolari imbarazzanti - nessuno avrebbe d'ora in avanti ficcato il naso. Ora, se tale "gioia spontanea" deriva dal fatto che i plaudenti si siano sentiti tranquillizzati dal vedere, in prospettiva, una dimensione personale più protetta - sia riguardo alla vita privata, sia riguardo all'attività economica che, anche quando perfettamente lecita, può richiedere, soprattutto in taluni frangenti, la massima riservatezza - non vi sarebbe nulla da eccepire ma verrebbe, anzi, spontaneo unirsi all'applauso. La sorpresa per tale ovazione diverrebbe, al contrario, sconcerto se gl'imprenditori avessero provato la sensazione di essere maggiormente protetti in attività che presentassero profili, più o meno marcati, di violazione delle leggi. Fino a prova contraria, meglio credere alla prima ipotesi...
Ad ogni modo, chi è abituato a valutare come l'annuncio di un disegno di legge e la legge che effettivamente entrerà in vigore, se vi entrerà, risultino quasi sempre radicalmente differenti - con la legge vera e propria notevolmente "smorzata" degli "ardori rivoluzionari" paventati dall'annuncio - sa che prima che il dibattito seguente alla dichiarazione berlusconiana assuma una qualche concretezza molte novità potrebbero aversi. Fin d'ora, si può solo registrare la prevedibile "levata di scudi" della magistratura organizzata e il disappunto di ambienti della stampa preoccupati dalle possibili pene (il presidente del Consiglio ha parlato di cinque anni) nelle quali potrebbero incorrere coloro i quali divulgassero il contenuto di un'intercettazione illegittima secondo i canoni iper-restrittivi della legge annunciata.
Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Torino, sottolinea come i profili criminali indicati dal capo del governo come i soli atti a giustificare il ricorso alle intercettazioni siano eccessivamente esigui, paventando, in particolare, il rischio che sia reso particolarmente arduo perseguire i reati contro la pubblica amministrazione o, in particolare, quelli riconducibili al fenomeno della cosiddetta malasanità. E neanche ventiquattro ore dopo le parole di Santa Margherita è intervenuto il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, ministro della Giustizia dei governi Berlusconi II e III, Roberto Castelli della Lega Nord che vorrebbe comprendere anche i reati di corruzione e concussione. Per ora, nessuna "stecca nel coro" da parte del Popolo della Libertà.
Ora, non c'è dubbio che l'uso delle intercettazioni fatto nel recente passato si sia prestato ad abusi mentre assolutamente scandaloso ed inaccettabile si è rivelato il fenomeno della divulgazione continua - a mezzo stampa e televisione - del contenuto di trascrizioni solo marginalmente inerenti all'inchiesta che le aveva originate, talora persino teoricamente protette dal "segreto d'ufficio". E', quindi, tuttora necessario intervenire nella materia per impedire che le sempre troppo esigue risorse della Giustizia e delle forze dell'Ordine vengano sprecate con eccessiva superficialità ma, soprattutto, che l'onore di determinati cittadini venga leso - talora in modo irreparabile - da un sapiente e moralmente infame uso della divulgazione: mirata, col misurino e ad orologeria. Ma, come accade quasi sempre, alla politica si chiede ora di non gettare, assieme all'acqua sporca, anche il bambino. L'Italia è una Nazione che ha una fame quasi disperata di certezza dell'osservanza delle leggi: di tutte le leggi, di tutti i decreti-legge e di tutti i decreti legislativi. Tale certezza - data la natura umana portata a perseguire il proprio interesse privato anche in violazione delle regole della morale e del diritto, se ciò può avvenire senza "pagare dazio" - non può essere conseguita se il maggior numero possibile di reati non viene scoperto, perseguito e punito. Ed è, quindi, evidente che in tale contesto le intercettazioni assumono un ruolo talvolta fondamentale.
Chi scrive, vivendo nell'Italia meridionale, sa quanto sia essenziale lottare contro la criminalità organizzata mentre è chiaro a tutti come la minaccia del terrorismo non vada mai sottovalutata. Eppure, non può sfuggire l'importanza di perseguire efficacemente reati che solo se paragonati alle stragi o al traffico degli stupefacenti potrebbero apparire come "minori". Perché minori non sono. Perché hanno un peso notevole, che sia diretto o indiretto, sulle nostre vite. Facile pensare ai reati contro la pubblica amministrazione i quali solo apparentemente non implicano il versamento del sangue innocente: cos'è se non tale la morte causata dalla malasanità? Ma anche a reati violenti che non abbiano moventi di criminalità comune o politica, come l'omicidio per motivi passionali.
C'è da confidare, dunque, che il dibattito parlamentare "sviscererà" il tema in tutti i suoi aspetti e consentirà l'adozione di una legge efficace ed equilibrata ma, soprattutto, non lesiva della certezza del diritto.
Un segnale di speranza in questo senso, a ben vedere, c'è già. La presidente della commissione Giustizia della Camera dei deputati Giulia Bongiorno del Popolo della Libertà, giovane principessa del foro, ha lanciato una proposta prontamente accolta con favore dal procuratore Caselli. Che la necessità e opportunità delle intercettazioni non siano più valutate dal solo giudice per le indagini preliminari (organo composto da una sola persona) ma da un nuovo organo giudiziario costituito da più magistrati. Ciò probabilmente costituirebbe una garanzia maggiore dall'abuso e consentirebbe di allargare con più tranquillità il novero dei reati le cui indagini possano essere svolte anche con le intercettazioni.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

Per saperne di più (dal sito del Corriere della Sera):
Il resoconto sulle parole del presidente del Consiglio e le prime reazioni
Intervista a Gian Carlo Caselli
Le reazioni del giorno dopo e i distinguo di Castelli
Un commento sul tema del giurista Vittorio Grevi del 22 luglio 2008

Nessun commento: