sabato 22 novembre 2008

E' proprio vero: spesso la via più facile è quella sbagliata

Francia: Ségolène Royal non accetta di essere stata sconfitta nell'elezione del nuovo segretario del Partito socialista

Scilla (Italia), 22 novembre 2008

Ségolène Royal è stata sconfitta nel ballottaggio per l'elezione del segretario del Partito socialista francese per soli quarantadue voti.
L'elezione, sul modello statunitense delle primarie importato in Europa - per primo - dal centrosinistra italiano, era aperta a tutti gl'iscritti al partito che fu di Mitterand e Jospin.
Ad aggiudicarsi l'ambita carica - equivalente, al momento, a quella di capo dell'opposizione ed implicante la quasi certezza di venir candidati alla presidenza della Repubblica alla prossima elezione - è stata un'altra donna. Martine Aubry, figlia del due volte presidente della Commissione europea Jacques Delors (Aubry, infatti, è il cognome del primo marito di lei), madre della legge sulle trentacinque ore di massimo lavoro settimanale.
Royal ha già contribuito a scrivere una piccola grande pagina di storia della Francia e dell'Europa centromeridionale, essendo stata, nel 2007, la prima donna a disputare il secondo turno dell'elezione presidenziale.
Stavolta, gridando ai brogli per la stentata vittoria della rivale e rifiutandosi clamorosamente di accettare la sconfitta, rischia di aggiungere, invece, un'altra pagina alla interminabile storia di uomini politici d'Europa (Regno Unito escluso) avvinghiati al potere come conchiglie a uno scoglio. Disposti, per questa passione per il potere, anche a mettere a serio rischio gl'interessi della comunità nazionale o, comunque, di quella del proprio partito.
E' un vero peccato che questa donna che ha condotto la sua campagna elettorale interna all'insegna di progetti politici innovativi - come l'alleanza con il centro, in Francia alleato naturale del centrodestra - stia dando una prova così penosa di continuità con le peggiori abitudini della vecchia politica. La politica, ahinoi, non solo dei maschi.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com


Addio a Sandro Curzi, trait d'union tra la sinistra politico-culturale e l'informazione televisiva

Sandro Curzi (Ansa)







Corriere.it

martedì 18 novembre 2008

Ci voleva tanto?

Vigilanza Rai

Scilla (Italia), 18 novembre 2008

Pare che, alla fine, Pdl e Pd abbiano trovato un accordo sul nome del presidente della commissione bicamerale di vigilanza sui servizi radiotelevisivi.
Sergio Zavoli, già presidente della Rai, nome d'indiscusso prestigio nei campi del giornalismo e della televisione.
La domanda sorge spontanea: ci voleva tanto?

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

lunedì 17 novembre 2008

Dammi retta, Politica: astieniti...

"Caso" Englaro e bioetica applicata alla politica

Scilla (Italia), 17 novembre 2008

Il nome di Eluana Englaro - ormai da anni presente, suo malgrado, in tutti i manuali di bioetica o di filosofia del diritto - è dunque tornato, probabilmente per una delle ultime volte, sulle prime pagine dei giornali e nei titoli di testa dei telegiornali.
La Corte suprema di cassazione ha, dunque, deciso che il tutore della donna versante dal 1992 in "stato vegetativo permanente" (chi può mi corregga se sbaglio) ha la facoltà di interrompere l'alimentazione artificiale della stessa, tenuto conto della volontà espressa al tempo nel quale era cosciente.
Devo confessare che provo un difficilmente domabile moto di fastidio per il chiasso politico-mediatico scaturente da questa vicenda. Mi infastidisce, in particolare, sentir parlare gli esponenti del centrodestra parlamentare, molti dei quali non cattolici o, comunque, cattolici non particolarmente militanti né particolarmente irreprensibili, con lo stesso identico linguaggio degli esponenti di primo piano del clero cattolico italiano. Quasi che la differenza di ruolo, diritti, doveri e responsabilità non avesse alcuna rilevanza sul modo di formazione e di espressione delle proprie opinioni, presuntivamente rappresentative di quelle di svariati milioni di elettrici ed elettori.
Dai citati esponenti politici, come da quelli che hanno "applaudito" alla sentenza della Corte suprema italiana, s'invoca, dunque, la necessità di una legge, quando non si parla di vera e propria urgenza di provvedere a colmare un vuoto legislativo.
A parte che le proposte per colmare questo presunto vuoto sono pressoché inconciliabili, io ritengo che qualsiasi tentativo interventista finirebbe, a parer mio, per rivelarsi o inutile o pasticciato o palesemente contraddittorio e, di conseguenza, potenzialmente ingiusto.
Se, dunque, dopo questo lunghissimo percorso giudiziario e dottrinale, iniziato nel 1997, si è giunti a questo risultato nel caso particolare di Eluana Englaro si deve - a parer mio - innanzitutto rispettare la sentenza della Corte e, in secondo luogo, valutare se non sia il caso di mantenere invariato l'ordinamento vigente, lasciando alla magistratura di merito e di legittimità di decidere volta per volta su casi diversissimi e molto difficilmente riconducibili ad unità.
Va ricordato che la determinazione della Cassazione ha conosciuto svariate fasi ed è passata anche per un tentativo del Parlamento di rivendicare, di fronte alla Corte costituzionale, la propria competenza legislativa che si è preteso esser stata violata. Se, dunque, innovazione legislativa non sussiste nel caso in questione, è giusto secondo me ricordare che esiste già un ordinamento costituzionale favorevole alla vita. Esistono già dei principi generali basati in primo luogo sulla Costituzione e, di conseguenza, su un sistema di leggi e trattati sovranazionali ed internazionali che hanno consentito, senza sovvertire l'ordinamento giuridico, alla Corte suprema di cassazione di adottare la difficile decisione che ha adottato.
Riflettiamo, dunque, su questi dati. Evitiamo di urlare e di confondere ciò che è soggettivo con ciò che è oggettivo. Proviamo ed esprimiamo rispetto gli uni per gli altri, a cominciare dalle persone più direttamente a contatto con la sofferenza. E, soprattutto, lasciamo trascorrere del tempo prima di tentare di colmare questo o quel vuoto con provvedimenti che non potrebbero far altro che determinarne altri.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

mercoledì 5 novembre 2008

Barack

Scilla (Italia), 5 novembre 2008

Incredibilmente il mio endorsement, ripetuto ancora ieri, non è servito a John McCain per evitare la sconfitta nell'elezione del quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti!
Barack Hussein Obama, dunque, entra nella Storia - quasi al confine con la Leggenda - divenendo il primo uomo con un'identità genetica per metà africana ad essere designato capo della grande Nazione anglofona. Sarà anche, probabilmente, il primo capo di Stato o di governo dalla pelle scura al di fuori delle Nazioni africane.
E' con una certa perplessità che, in questi quasi due anni, ho guardato al lungo ed accidentato percorso dell'elezione presidenziale, con la sua lunga e quasi snervante teoria di primarie, caucuses, endorsement etc.
Ho avuto l'impressione che non abbia molto senso delegittimare di fatto il presidente in carica, quando ancora ha da compiere una buona metà di mandato, con un procedimento elettorale che in una qualsiasi Nazione europea si concluderebbe in due, massimo tre, mesi...
Eppure, solo un percorso come quello statunitense rende possibile l'incredibile. Soltanto lì è possibile che la società civile si "appropri" dell'apparato di un partito e sconvolga i piani dell'apparato medesimo.
Anche in Italia abbiamo avuto degli esperimenti di elezioni primarie, soprattutto ad opera delle forze di centrosinistra. Ma con un unico candidato - Prodi nel 2005, Veltroni nel 2007 - con la concreta possibilità di farcela. L'elezione di Veltroni è stata abbinata anche a quella dell'Assemblea costituente del Partito democratico. E come è avvenuta questa elezione? Con le liste bloccate! Cosa discutibile per delle elezioni istituzionali, ma assolutamente assurda per delle elezioni interne che hanno proprio lo scopo di determinare quegli equilibri che poi verranno espressi nella formazione delle liste per le elezioni degli organi della Repubblica!
Per la verità, un esempio di elezione primaria capace di scompaginare i giochi d'apparato l'abbiamo avuto. Proprio nell'Italia meridionale. In Puglia, nel 2005, le grandi forze del centrosinistra - Ds e Margherita - avevano già deciso chi sarebbe stato il candidato-presidente. Sarebbe dovuto essere il giovane economista Francesco Boccia. Ma gli elettori di centrosinistra avevano voglia di novità. E gli preferirono Nichi Vendola. Politico di lungo corso. Omosessuale, cattolico, comunista. Non mancò, allora, chi propose di considerare il responso delle primarie come un utile suggerimento per il futuro ma di non fargli derivare l'obbligo di candidare effettivamente Vendola alla guida della Giunta regionale. Alla fine, si riconobbe l'insostenibilità politico-morale di questa posizione e ci si rassegnò ad affidare la coalizione all'esponente di Rifondazione comunista, con la quasi certezza nel cuore che sarebbe stata sconfitta. Ed invece, il candidato a sorpresa si dimostrò presidente a sorpresa, rivelando che - in certi casi - è sufficiente che i cambiamenti vengano proposti perché il popolo li faccia propri.
In questi giorni si confronterà un po' il sistema italiano a quello degli Stati Uniti. Non mancherà certamente chi proporrà di istituzionalizzare - con leggi ordinarie o costituzionali - gli esperimenti per ora isolati di elezioni primarie, rendendole obbligatorie o comunque convenienti (per esempio: stabilendo che il non ricorso ad esse non dà diritto ai rimborsi elettorali pubblici o alla possibilità di presentare candidature senza la raccolta di centinaia o migliaia di firme) per l'espressione delle candidature a sindaco, presidente di Municipio, Provincia o Regione o capo della coalizione nazionale designato di fatto, in caso di vittoria, come candidato alla carica di presidente del Consiglio dei ministri. Ma anche per compilare le cosiddette "liste bloccate" - evitando l'insidioso ritorno al voto di preferenza, col quale era più agevole di oggi creare clientele, notabilati e signorie delle tessere - per l'elezione di consiglieri regionali, deputati, senatori, rappresentati europei etc.
Staremo a vedere. Ma è altamente improbabile che i partiti accetteranno di buon grado di condividere il loro potere con il resto della società.
Gli Stati Uniti hanno dimostrato di essere la terra delle possibilità e delle rivoluzioni che avvengono - nella maggior parte dei casi - senza violenza.
Yes, we can! "Sì, noi possiamo!" era il motto di Obama.
Sì: voi potete.
Ma perché noi no?

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

martedì 4 novembre 2008

Attesa

Scilla (Italia), 4 novembre 2008

La lunga ed appassionante "corsa alla Casa Bianca", virtualmente iniziata nell'ormai lontano - dati soprattutto gli eventi, a cominciare dalla straordinaria crisi finanziario-economica, accaduti nel frattempo - febbraio 2007, quando Barack Obama, nella sua Chicago, annunziò la storica decisione di "provarci", è finalmente arrivata al suo capolinea sostanziale (per quello formale, infatti, bisognerà attendere ancora un po': il 20 gennaio 2009, quando avverrà il "passaggio di consegne" tra G. W. Bush ed il suo successore, con il solenne giuramento di quest'ultimo nelle mani del presidente della Corte suprema).
In una breve serie d'articoli ho cercato di motivare la mia preferenza per McCain, basata in primo luogo sulla posizione nei confronti del "problema Iraq" e, in generale, su una concezione della politica estera maggiormente retta, a parer mio, da notevole esperienza, capacità di prendere decisioni ponderate e di tenervi fede anche di fronte alle difficoltà attuative e, in generale, una visione più completa delle generiche parole d'ordine - "dialogo anche con l'Iran", "possibilità d'incursioni armate in territorio pachistano anche in assenza dell'autorizzazione del governo di Islamabad" etc. - proposte da Obama.
La probabile elezione di quest'ultimo, altresì, per il suo dirompente valore simbolico - sarebbe, infatti, il primo presidente nato da un padre d'etnia africana in una Nazione che ha atteso poco meno di duecento anni dalla propria nascita per abolire il razzismo dalle proprie leggi e che ancora attende di abolirlo da tutte le menti e da tutti i cuori - è stata, secondo me, caricata di eccessive aspettative, in tutto il mondo, che potrebbero rendere cocente la delusione di molti quando gran parte di esse, per l'ostinazione della realtà di sopraffare, molto spesso, la volontà degli esseri umani, dovesse restare disattesa.
Ad ogni modo, confermo la mia impressione del maggio scorso, quando la senatrice Hillary Rodham Clinton era ancora in corsa: chiunque vinca, gli Stati Uniti - e il mondo - sono in mani abbastanza affidabili.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@mail.com