sabato 28 febbraio 2009

Scilla

Ogni persona per bene dovrebbe tendere a considerare la propria città o il proprio villaggio come "il posto più bello del mondo".
Chi scrive ha la presunzione, pensandolo, di non allontanarsi troppo dal vero...


Scilla (Italia), 28 febbraio 2009

Oggi, dopo pranzo, modificando parzialmente le mie abitudini, incoraggiato dal tanto agognato ritorno del sole, ho deciso di percorrere a piedi il lungomare di Scilla, il posto - sul versante tirrenico calabrese dello Stretto di Messina - nel quale vivo fin dalla nascita.
Mai decisione è stata più saggia!
Il "profumo d'estate", per quanto possa apparire strano, già s'intrasente sia pur celato dal forte odore d'acqua e terra lasciato dalle abbondanti piogge cadute - e forse ancora imminenti - in questa straordinaria stagione invernale.
Passeggiare in questo clima assolato è veramente consigliabile. Tutto, dal calore desiderato e infine giunto senza l'invadenza tipica delle temperature tardoprimaverili e ancor più di quelle estive, all'odore della salsedine, fino agli splendidi riflessi del sole sull'acqua marina, dona un apparentemente immotivato buon umore e predispone ad un curioso ottimismo.
Camminando, mi accorgo di esser finito all'interno di una comitiva di turisti provenienti da un qualche Paese di lingua tedesca. Dati i miei tratti somatici non propriamente "mediterranei" la mia presenza tra di essi non dev'essere apparsa troppo stridente...
Giunti all'imbocco della via per il porticciolo turistico-commerciale, non cesso di meravigliarmi di come io condivida lo stesso stupore di quelle persone - ciascuna delle quali era posta di fronte a quello spettacolo per la prima o, al massimo, la seconda volta - alla vista dei riflessi del sole sul mare e dello scenario pressoché unico dato dalla vista dei monti a strapiombo sul mare, degli scogli che paiono scolpiti da un Michelangelo e della foce dello Stretto che pare quella di un grande fiume...
D'altra parte, mi trovo in buona compagnia tra chi non è riuscito a rimanere indifferente innanzi alla bellezza della mia città.
Dagli antichi aedi del Mito greco-romano a poeti e scrittori e pittori e scultori di ogni luogo ed epoca storica...

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

martedì 24 febbraio 2009

Aldo Franco: Franceschini avvii lo svecchiamento della classe dirigente del Partito democratico

Parla Aldo Franco, membro dell'assemblea costituente nazionale del Partito democratico e testimone diretto dell'elezione alla segreteria di Dario Franceschini

Scilla (Italia), 25 febbraio 2009

In questo momento di cambiamenti per il Partito democratico e, di riflesso, per tutta la politica italiana, ho posto alcune domande ad Aldo Franco, componente dell'assemblea costituente nazionale del partito del centrosinistra riformista italiano, ma anche amico ed attento lettore e collaboratore di giovannipanuccio.blogspot.com.
Ne sono venuti fuori degli spunti interessanti, soprattutto per la disponibilità di Franco a parlare senza reticenze e omissioni.
Ciao, Aldo! Hai preso parte alla riunione del 21 febbraio dell'assemblea costituente che ha "incoronato" l'ex vicesegretario Franceschini come segretario incaricato di "traghettare" il Partito democratico durante la fase precongressuale che condurrà alle primarie del prossimo ottobre?
"Naturalmente."
Hai condiviso la soluzione transitoria invece delle primarie immediate chieste da Parisi?
"Sì, perché l'imminenza dell'appuntamento con le europee e con importanti elezioni amministrative esige da subito una segreteria ed un segretario forti e con pieni poteri. Soltanto così si potranno comporre per Strasburgo liste con candidati autorevoli e fortemente radicati nel territorio e, al tempo stesso, garantire la piena funzionalità del partito per valutare e favorire gli accordi e le alleanze che dovranno essere necessariamente conclusi in vista del rinnovo di molte importanti amministrazioni comunali e provinciali.
Ho condiviso l'elezione di Dario Franceschini anche per l'intenzione, che ho colto durante il suo intervento, di azzerare il governo ombra e di tentare lo svecchiamento di molte cariche dirigenziali."
Pensi, quindi, che Franceschini sia la persona giusta per "contenere i danni" dell'imminente stagione elettorale - europee; amministrative; referendum per la riforma elettorale in senso bipartitico - della prossima primavera?
"Credo che in una fase critica come quella che sta affrontando attualmente il Partito democratico ci sia la necessità di ricompattare le varie anime che lo contraddistinguono. E questo poteva avvenire solo con l'elezione di un segretario che fosse gradito ai big nazionali e che, allo stesso tempo, non creasse una forte scollatura con la base. Ovvero, principalmente, gli eletti all'assemblea nazionale e la generalità degl'iscritti. Senza contare che Franceschini, come tu hai ricordato, ha ricoperto il ruolo di vicesegretario nazionale, lavorando a stretto contatto con Veltroni. S'è voluto, quindi, dare anche un segnale di riconoscimento del lavoro comunque significativo svolto dall'ex segretario. Tutto incentrato nella corsa a svolgere un immediato lavoro con i coordinamenti regionali per frenare l'emorragia di voti che ha subito il partito dalle scorse elezioni poltiche ad oggi."
Condividi l' "allarme Costituzione" lanciato dal neosegretario? Non pensi che dopo quindici anni siano un po' rientrati i pericoli di uno "svuotamento della democrazia" ad opera di Berlusconi?
"Sinceramente sono abbastanza stufo dell'attacco giornaliero nei confronti di Berlusconi. Preferisco un'opposizione forte e presente tanto in Parlamento quanto sul territorio. Capace di dare un segnale di discontinuità con l'operato del governo Berlusconi.
Più che il timore di un tentativo di svuotamento della Costituzione, mi preoccupa la forzatura che il presidente del Consiglio ha voluto portare avanti - prefigurando un conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato - con la presentazione di un decreto-legge sul caso Englaro che, se il presidente della Repubblica non si fosse rifiutato di firmarlo, avrebbe di fatto bloccato l'esecutività di una sentenza definitiva della Corte di cassazione.
Credo che una revisione della seconda parte della Costituzione possa essere presa in esame. Penso, ad esempio - visto che siamo in tempi di federalismo fiscale - che si dovrebbe iniziare dall'istituzione di un Senato federale con compiti legislativi nelle materie di prevalente competenza regionale che lasci all'altra Camera i compiti legislativi di carattere generale, prevedendo anche una relativa velocità dei tempi di presentazione e approvazione dei disegni di legge."
Ma facciamo un passo indietro. Secondo te, cosa ha determinato il fallimento del tentativo Veltroni che tante speranze aveva suscitato non solo nel cosiddetto "popolo ulivista" ma anche in chi, come me, crede che sia finalmente giunto il momento per la definitiva instaurazione, nella nostra Repubblica, di una moderna democrazia dell'alternanza basata su due grandi partiti eterogenei ma capaci di fare emergere una forte capacità decisionale e che offrano, quindi, governi forti in grado di realizzare quasi per intero i loro programmi ed opposizioni altrettanto abili nel contrapporre punto per punto al governo in carica soluzioni credibilmente migliori, presentandosi alla Nazione come valida alternativa?
"Il problema della segreteria di Veltroni è stato tutto interno, logorata - com'è stata - dal gioco delle parti portato avanti da alcuni esponenti del partito. Questo è un partito nuovo (e non un nuovo partito), costituito da varie culture - laiche e cattoliche - unite dal pensiero di carattere riformista che ci deve contraddistinguere in ambito sia nazionale sia europeo.
La segreteria Veltroni è iniziata con la grande partecipazione di più di tre milioni di cittadini che si sono recati nei gazebo per rendere concreto e visibile un grande e nuovo concetto di democrazia diretta, con la scelta di un segretario di partito.
Ma, con il passare del tempo, questa spinta si è esaurita. Veltroni è stato troppo accondiscendente. Si è fatto troppo tirare per la giacchetta. Ha, come a lui piace dire, pacatamente e serenamente, assunto troppe posizioni buoniste. In alcuni momenti, invece, serve anche l'autorevolezza del capo carismatico, giustificata proprio dal sostegno di quei tre milioni di cittadini delle primarie.
Ma il logorio interno ha distrutto questa capacità di direzione. Faccio un solo esempio. Riforma elettorale per le europee. I gruppi di Camera e Senato riuniti decidono di approvare lo sbarramento al quattro per cento per la distribuzione dei seggi. Un attimo dopo - nelle interviste concesse da parlamentari di area Red - si avanzano delle critiche per la scelta appena effettuata, tanto per consentire a quest'associazione di area dalemiana di dare un segnale ai partiti di sinistra che avrebbe appoggiato il loro tentativo d'impedire l'inserimento della soglia o, almeno, di renderla più bassa.
Ecco: sono state le cose dette e ancor più quelle non dette che hanno portato all'indebolimento di Veltroni fino all'esito delle dimissioni.
Aggiungo, però, che secondo me la società italiana è troppo eterogenea e ci vorrà ancora un po' di tempo prima che si possa affermare definitivamente una matura concezione bipolaristica ed avviare una stagione di riformismo e semplificazione della politica. Per far sì che questo accada è necessario che si affermi un'egemonia del Pdl e del Pd. Risultato virtualmente raggiunto dal Pdl per la presenza di un capo padrone come Berlusconi, ma che dovrà necessariamente essere raggiunto anche dal Partito democratico nel prossimo congresso."
Come dovrebbe essere secondo te il percorso del Partito democratico da qui agli appuntamenti istituzionali di maggio-giugno e da lì alle primarie di ottobre?
"Secondo me il percorso che deve intraprendere il Partito democratico nei prossimi mesi è quello di un completamento dell'organizzazione strutturale nei territori con l'istituzione di sezioni di partito che lo avvicinino al cittadino, in modo da creare uno stretto rapporto tra la base e il vertice ed una vicinanza fra gli elettori e l'apparato amministrativo. Contemporaneamente, va avviata una nuova progettualità di natura politica riformista in modo da far capire a tutto il Paese che il Partito democratico può essere una forza di governo. Promuovendo iniziative per sopperire a questa crisi economica, per dare maggiore sviluppo al turismo ed evitare che ci sia ancora un Paese a due velocità, con un Nord sempre più ricco e competitivo ed un Sud sempre più arretrato e costretto da sessant'anni di cattiva gestione a dover sempre chiedere sussidi, senza sviluppare la capacità di sfruttare tutti i finanziamenti a pioggia che sono arrivati nelle nostre Regioni."
Non posso non chiederti, in conclusione, un giudizio sull'attuale momento politico della tua isola, la Sicilia. A che punto sono i rapporti tra il Movimento per l'Autonomia, il Popolo della Libertà e l'Udc?
"Sono particolarmente in fibrillazione. C'è una guerra in atto tra una parte del Pdl che fa riferimento a Miccichè e Prestigiacomo ed un'altra che fa riferimento ad Alfano e Firrarello i quali, in accordo con l'Udc, tentano di bloccare la riforma del sistema sanitario in Sicilia portata avanti dal Movimento per l'Autonomia. Un sistema totalmente controllato dalla politica attraverso la nomina dei direttori e dirigenti sanitari, controllati dai partiti di maggioranza, con un controllo clientelare che sa tanto di prima Repubblica.
Si assiste ad un completo "mischiare di carte" tra la politica nazionale e quella regionale. Basti pensare alla richiesta da parte di Berlusconi al presidente della Regione Lombardo di tentare d'indebolire il più possibile il peso elettorale dell'Udc nell'isola - proprio per sottrarle anche qualche direzione sanitaria - offrendo in cambio al Mpa l'accesso al rimborso elettorale per le prossime europee a tutte le forze che otterrano il due per cento dei voti."
E il Pd siciliano: in quali acque naviga? Quali prospettive di crescita intravedi per il tuo partito nella tua Regione?
"Ovviamente anche in Sicilia il partito ha risentito dei problemi nazionali. Devo riconoscere un'attenta opposizione nei confronti del governo regionale, volta a far emergere il più possibile le contraddizioni e le guerre di potere che stanno combattendo fra di essi i partiti di maggioranza: il Pdl, l'Udc e l'Mpa del presidente Lombardo. Mentre l'azione del Pd è segnata da un completo immobilismo riguardo alla formazione delle proprie strutture regionali e locali. Credo che anche in questo campo si debba fare uno sforzo in più, dando vita necessariamente ad un Pd più autonomo e federato con il partito nazionale, in modo da poter decidere in maniera più veloce e diretta le politiche migliori per il nostro territorio, ad iniziare dalle alleanze elettorali del prossimo futuro."
E' migliorato lo stato delle casse del Comune di Catania? Quali conseguenze ha patito, o sta patendo, la popolazione della tua città da questa situazione?
"Tocchi una dolente nota: lo stato della mia città, Catania. Le casse comunali sono completamente vuote. I famigerati centoquaranta milioni di euro tanto promessi dal governo nazionale non sono arrivati. Abbiamo avuto le strade al buio per la mancata erogazione della luce elettrica da parte dell'Enel, a causa di un debito di svariati milioni da parte dell'amministrazione comunale. Abbiamo il manto stradale pieno di buche con il continuo rischio, per i cittadini, non solo di distruggere i propri mezzi, ma d'incorrere in incidenti stradali anche particolarmente gravi: si pensi in particolare ai giovanissimi guidatori di ciclomotori.
Un sindaco, Raffaele Stancanelli, che si diverte a fare il turista nella propria città, trincerandosi dietro la scusa del mancato arrivo del finanziamento e non pensando che ci potrebbero essere molte iniziative del Comune a costo zero in grado di far ripartire la macchina amministrativa. Basti pensare al piano regolatore, fermo da svariati anni, che - integrato ad un piano urbanistico del traffico e delle politiche abitative - potrebbe sbloccare svariati progetti e spingere all'emersione delle idee e iniziative da parte dell'imprenditoria locale."

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

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"Il Bene e il Male" (Raiuno): gran bel lavoro!

LUNEDI' TELEVISIVI. Non solo "Grande Fratello"...

Scilla (Italia), 24 febbraio 2009

Chi - come chi scrive - ha cercato con il telecomando, negli scorsi lunedì sera, una valida alternativa a "Grande Fratello" (Canale 5) e "Fattore X" (Raidue) avrà fatto bene se si sarà fermato su Raiuno che, fino all'ultima puntata di questa prima serie trasmessa ieri, ha proposto il romanzo poliziesco a puntate "Il Bene e il Male".
Titolo certamente pretenzioso. Ma le attese dello spettatore non sono andate deluse.
Come di regola nei lavori seriali televisivi, la storia principale s'intreccia con "il caso del giorno", coinvolgendo anche le storie dei protagonisti a vario titolo.
Ma il nome dello sceneggiato non deve trarre in inganno. Non v'è una lotta senza quartiere tra "buoni" e "cattivi". Perché domande come "cosa è bene e cosa male?"; "si può andare contro la legge se rispettandola si rischia di lasciar accadere un'ingiustizia?"; "cosa differenzia un poliziotto - o un magistrato - da un delinquente se anche il primo, per raggiungere i suoi sacrosanti obiettivi, è disposto ad agire al di fuori delle procedure e delle garanzie giuridiche?"; "e se un criminale agisce anche al fine di proteggere i deboli dai soprusi e dalle angherie dei forti - soprattutto quando i deboli, in caso contrario, soccomberebbero - può veramente essere ascritto tra i cattivi anziché tra i buoni?"... domande come queste, dicevo, vengono poste continuamente alle coscienze di ciascuno dei principali protagonisti e, attraverso di essi, dello spettatore. E le risposte sono raramente facili o risolutive...
E difatti questa prima serie s'è conclusa con una serie nutrita di punti interrogativi. Il che lascia pensare - legge dell'Auditel permettendo - che vi sarà un seguito.
Tra gli attori e i personaggi - pressoché tutti più che dignitosi - mi piace menzionare Gianmarco Tognazzi, membro di una nota e benemerita famiglia di cineasti e... enogastronomi, nei panni, indossati con credibilità, di un commissario di pubblica sicurezza ossessionato dall'idea d'individuare le modalità e i responsabili dell'omicidio della migliore amica e collega e che per questa ossessione rischierà di mettere a serio repentaglio la sua vita affettiva. E Marco Falaguasta, il ragazzo di umili origini divenuto troppo presto il tutore della madre e del fratello minore per via dell'improvviso suicidio del padre e che svolgerà questo compito soltanto a costo di numerosi compromessi con la legalità che faranno correre a lui e agli altri molti pericoli ma che gli consentiranno anche di realizzare una sua forma, sia pur distorta, di giustizia e di onestà.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

lunedì 23 febbraio 2009

Non impareranno mai... (purtroppo...)

Franceschini eredita da Veltroni, costretto dalle circostanze ad interrompere il suo mandato, la carica di segretario del Partito democratico.
Ed anziché indicare le cause della crisi della segreteria Veltroni e le possibili vie d'uscita, ritira fuori la "puzza sotto il naso" ed il "complesso di superiorità" tipici di una certa sinistra cattolica più ancora che dei comunisti...
Segno che la democrazia italiana è davvero in pericolo. Non per colpa di Berlusconi. Ma per l'incapacità dei suoi principali avversari di proporre un'alternativa, innanzitutto programmatica, chiara e credibile.


Scilla (Italia), 23 febbraio 2009

Dario Franceschini è il nuovo segretario del Partito democratico. Un segretario "residuale", nel senso di esser stato eletto - dall'assemblea costituente del partito - esclusivamente per "coprire" il periodo restante, da qui a metà ottobre di quest'anno, per la conclusione ordinaria del mandato del volontariamente dimissionario Veltroni. La scelta del "segretario transitorio" era in un certo senso obbligata, nonostante autorevoli pareri contrari come quello di Massimo Cacciari, data l'imminenza del rinnovo del Parlamento europeo e degli organi elettivi di moltissime amministrazioni provinciali e comunali. Oltre che del referendum per la modifica della legge elettorale di deputati e senatori in senso bipartitico che, rinviato un anno fa per l'intervenuto scioglimento anticipato delle Camere, dovrà svolgersi entro il prossimo 15 giugno. Ed a nessun partito che non consideri la propria funzione come esclusivamente di testimonianza si può onestamente chiedere di "mettere in piazza" i propri "panni sporchi" attraverso un percorso congressuale da tutti prefigurato come lacerante e che avrebbe avuto il proprio culmine nell'elezione primaria del nuovo segretario proprio a ridosso dei citati, e cruciali, appuntamenti istituzionali.
Ma come si è giunti alle dimissioni volontarie di Walter Veltroni, segretario eletto il 14 ottobre 2007 attraverso partecipate elezioni primarie aperte a chiunque avesse dichiarato di aderire al progetto politico-culturale del Partito democratico?
Probabilmente, i germi della crisi stessa erano presenti fin dall'inizio dell'esperienza che condusse all'elezione di Veltroni, coincidente con la vera e propria fondazione del nuovo partito, nato principalmente dalla confluenza in esso dei Democratici di sinistra - partito che radunava la maggioranza di coloro che avevano militato nel Partito comunista italiano - e di Democrazia è Libertà-La Margherita - partito per circa tre quinti composto da cattolici che erano appartenuti, prima, alle sinistre interne della Democrazia cristiana e, poi, al secondo Partito popolare italiano e per i restanti due quinti da cattolici e no affacciatisi da poco alla politica o provenienti da altre esperienze tendenzialmente riconducibili al centrosinistra.
Chi scrive pensa che tali errori siano facilmente sintetizzabili dalla formula del "coraggio a metà", in un certo senso efficacemente individuato dall'attore Maurizio Crozza, il più noto imitatore dell'ex segretario del Pd, nell'espressione "ma anche" con la quale il "suo" Veltroni infarciva fino all'inverosimile ogni suo discorso.
Cito, in estrema sintesi e un po' alla rinfusa, quelli che secondo me sono i vizi che hanno quasi fatalmente condotto all'esito odierno. Annunciare la nascita di un partito nuovo (attenzione: non di un nuovo partito), governato da regole nuove a cominciare dall'"importazione" dai tanto vituperati Stati Uniti d'America del metodo di scelta del capo noto come elezione primaria, e poi inquinare queste regole nuove con logiche vecchie come il vietare a Bersani e a Finocchiaro di candidarsi in concorrenza a Veltroni, perché i democratici di sinistra non avrebbero potuto sopportare di sostenere più di un candidato, dimostrando subito che l'unione di elettorati, militanze e culture politiche era in realtà un'alleanza fra apparati. Abbinare all'elezione primaria del capo quella dell'assemblea che avrebbe dovuto individuare i principi e le regole fondamentali del nuovo partito ed indirizzarne la prima fase e poi rendere quest'assemblea numerosa come un Comune italiano neanche tanto piccolo - cosa che impediva di per sé che l'organismo acquisisse una sua soggettività politica, fatta di vita interna e di possibilità di far emergere, tema per tema, maggioranze e minoranze - ed impedire che tra i candidati di ciascuna lista si potesse esprimere un voto di preferenza, tanto per evitare sorprese rispetto agli equilibri già largamente predeterminati nelle "segrete stanze".
Ad ogni modo Veltroni ricevette un largo consenso ed avrebbe avuto, di conseguenza, tutto il diritto di sentirsi il capo effettivo ed effettivamente direttivo della "nuova" forza politica, agendo di conseguenza. Di fronte alla crisi, dapprima latente poi esplosa, del governo Prodi II, Veltroni utilizzò a mio parere bene questo potere annunciando che il nuovo partito si sarebbe presentato da solo alle successive elezioni. Scelta certamente di "rottura" rispetto alla tradizione antica e recente della politica italiana, ma in un certo senso anche obbligata vista l'esperienza dell'incosciente e suicida maggioranza che (non) aveva sostenuto Prodi, dato soprattutto che il Partito democratico voleva presentarsi come una forza capace di governare la Nazione e non soltanto di vincere le elezioni generali. Evidentemente, però, il maanchismo è una tentazione alla quale Veltroni non sa proprio resistere e l'innovativo "corriamo da soli" diventa il nefasto "corriamo da soli, ma anche con Di Pietro". Consentendo così che una formazione protestataria e residuale come "Italia dei valori" diventasse il punto di riferimento di quanti, delusi dai propri partiti di tradizionale affidamento Ds e Rifondazione comunista, non volevano favorire il Popolo della Libertà non votando o dando un voto "inutile" a liste minori di estrema sinistra.
In questo quadro, il Partito democratico non riesce ad esprimere una posizione chiara e, soprattutto, unitaria, su pressoché nessun tema rilevante dell'agenda politica e si trascina stanco fra incertezze ed accuse di "autoritarismo imminente" fino alla batosta di metà febbraio nelle elezioni sarde, con il drastico calo dei consensi al partito e l'uscita di scena del candidato del "centrosinistra plurale" Soru, editore del quotidiano storico della sinistra legata alla tradizione comunista "L'Unità" e da molti accreditato come valida alternativa alla segreteria Veltroni.
Giungiamo quindi all'elezione dell'ex democristiano di sinistra Franceschini con le modalità ricordate all'inizio. Il nuovo segretario galvanizza la platea annunciando che il giorno dopo si recherà in visita a Ferrara dall'anziano padre, già partigiano cattolico della Resistenza all'occupazione tedesca e deputato democristiano, per prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione ponendo le mani proprio sulla prima copia della Legge fondamentale posseduta da quest'ultimo. Davvero una scelta nobile e, oltre che per l'alto valore simbolico ed evocativo, ricca di significato, soprattutto per rendere maggiormente nota la concezione della politica posseduta da Franceschini ed iniziare a prefigurare, così, le linee della sua azione di guida del maggior partito d'opposizione. Peccato solo che il nuovo segretario abbia commesso l'errore di rovinare questo momento intenso e quasi commovente accusando, per l'ennesima volta da un quindicennio, l'attuale presidente del Consiglio di considerare un impaccio il Parlamento, il presidente della Repubblica e, in generale, i principi e gli istituti di garanzia previsti dalla Costituzione, mirando a concentrare nelle proprie mani tutti i poteri pubblici. Solo che Franceschini non si accorge che così facendo svilisce proprio quella Costituzione che dichiara di venerare. Perché se anche Berlusconi avesse veramente di quelle mire - e non nego che molte azioni ed affermazioni di quest'ultimo facciano propendere per quest'ipotesi - chi sta volontariamente e solennemente giurando fedeltà alla Costituzione dovrebbe anche, coerentemente, manifestare fiducia nel fatto che la Costituzione stessa possiede tutti gli anticorpi atti ad impedire quest'esito. E' sbagliato il comportamento franceschiniano anche perché suggerisce un'equivalenza tra la fedeltà alla Costituzione e l'indisponibilità a proporre o accettare modifiche ad alcune norme della stessa, veicolando perfino l'idea che criticare una o più individuate disposizioni della Legge fondamentale sia illegittimo se non, addirittura, potenzialmente eversivo! Dimenticando che l'esigenza dell'adeguamento ai tempi delle "regole del gioco" è sempre stata presente negli stessi costituenti che, non a caso, hanno previsto un'apposita procedura per l'integrazione e la modifica della Costituzione ed ha sempre accompagnato il dibattito giuspubblicistico, costituzionalistico e politologico anche quando quello politico e mediatico ne erano momentaneamente distratti.
Ma l'aspetto più grave dell'uscita del neosegretario è l'accreditamento dell'idea nefasta che la Costituzione è "cosa nostra", proprietà esclusiva delle forze di centrosinistra. L'idea che il popolo non abbia la maturità per scegliere i propri rappresentanti e governanti e che, quindi, "minoranze illuminate" - inutile dirlo: guidate dal Partito democratico - siano le uniche in grado di guidare la Nazione verso l'inveramento dei valori costituzionali. E se questo non succede perché il popolo elettore - sovrano ai sensi degli articoli 1 e 48 - ha deciso diversamente, be': ha sbagliato ed i rappresentanti e governanti che si è scelto sono sempre e comunque indegni di rappresentarlo e governarlo, quand'anche ottenessero la maggioranza assoluta degli elettori e non solo dei voti validamente espressi.
Penso che simili atteggiamenti siano dannosi in primo luogo per il Partito democratico stesso. Innanzitutto perché gli elettori soprattutto occasionali del Popolo della Libertà - così come, ieri, quelli della Democrazia cristiana e del Movimento sociale italiano-Destra nazionale - non possono non sentirsi profondamente offesi. E se anche, nelle numerose discussioni nei bar o nei luoghi di lavoro attivate da spocchiosi militanti ed elettori di centrosinistra, taceranno le loro simpatie politiche per timore che venga addebitata loro la responsabilità per ogni azione ed omissione del governo in carica, di sicuro non si sogneranno nemmeno di modificare le proprie abitudini di voto in favore di un centrosinistra al quale - pur subendo il fascino intellettuale di molti suoi esponenti soprattutto extraistituzionali - non sentiranno mai di poter appartenere, rifiutandone nettamente la convinzione di essere sempre e comunque nel giusto, anche quando i fatti dimostrano cristallinamente il contrario. Ma un altro effetto negativo che quest'andazzo produce in primo luogo sul Partito democratico medesimo è quello d'impedirgli di "guardarsi dentro" e correggere i propri errori prima che sia troppo tardi, continuando a puntare l'indice della Verità e della Giustizia - molto malamente intese - sugli altri.
E questi mali del Partito democratico rischiano davvero di tradursi in altrettanti pericoli per la democrazia italiana.
Perché un partito di sole proteste e di nessuna proposta, di moltissimi "no", qualche "forse" e nessun "sì" - anche raccogliendo tutta la rabbia sociale e politica che produce qualsiasi società moderna - potrà ottenere molti consensi. Ma non riuscirà mai a costituire un'alternativa seria e credibile per un governo liberaldemocratico e moderno della Nazione.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com