giovedì 16 luglio 2009

Spes contra spem

Ero a "La Lunga Marcia della Memoria" di daSud...
Mentre nel mio paese si consumava, o era stata da poco consumata, un'orrenda blasfema duplice carneficina...


Scilla (Italia), 16 luglio 2009

Se una connettività bassissima alla rete internet e servizi di navigazione a singhiozzo me lo consentiranno, vorrei scrivere due o tre cose su La Lunga Marcia della Memoria di ieri.
Una Marcia fondata sulla speranza. Una speranza del tutto priva di motivazioni o di presupposti benché minimi. Una speranza disperata. E tuttavia necessaria, indispensabile, imprescindibile se si vuole continuare a vivere in questa terra e non si ama il gioco delle tre scimmiette... (ma chi vuole continuare a vivere in questa terra!?...).
Ad ogni modo la serata è stata un successo. Non era facile mettere insieme una buona parte del meglio dello spettacolo calabrese. La carne al fuoco era perfino troppa, tant'è che a bere fino in fondo l'"amaro calice" siamo rimasti in pochi. I toni erano comprensibilmente pesanti. Una o due lacrime hanno solcato il mio volto. Merito della bravura delle attrici e degli attori. Ma soprattutto della bruciante realtà delle immagini che evocavano. Meno male che la straordinaria verve comica del cantautore di Mirto Crosia Peppe Voltarelli, ironizzando sui numerosi spunti offerti da una serata non avara di imprevisti, ha reso più sopportabile lo scorrere dei momenti, carichi di crescente tensione. Ma l'ironia è anche la chiave attraverso la quale Voltarelli descrive in un modo nel quale ogni calabrese si può riconoscere la pervasività della ndrangheta nel tessuto sociale e l'impossibilità di ignorarla.
Gli echi della tragedia greca non possono non percepirsi nell'ossessiva declamazione sangue chiama a ssangue! sangue chiama a ssangue! sangue chiama a ssangue! che fa da sfondo alla rievocazione di un processo se non vero altamente verosimile.
Gli artisti si alternano con tranquillità e senza conduzione. Non v'è neanche l'ombra dell'ansia da scaletta televisiva. Qualcuno si presenta. La maggior parte sceglie di rimaner nota a chi già lo era ma non rinuncia mai a presentare chi ha collaborato nella rappresentazione del numero. Nessuno degli spettatori conosce tutti gli artisti. Ognuno, però, ne conosce uno o alcuni. Proprio per questo motivo avevo deciso, in un primo momento, di non nominare nessuno. Ma poi mi sono convinto che gl'"innominati" non se la prenderanno!...
Rachele Ammendola prende spunto dalla definizione data alla ndrangheta dalla procuratrice statunitense Julie Tingwall ("è invisibile, come l'altra faccia della luna") per imbastire la sua rappresentazione che tocca vette sublimi. Si veste e si trucca di luna. I toni deliranti e le mime sardoniche risultano talora fastidiosi. Ma dimostra che il perfettamente riuscito percorso emendativo della dizione non le ha fatto dimenticare il suo dialetto. E restituisce alla perfezione l'abito fisico e mentale di signora Ndrangheta che molti calabresi per bene spesso confondono col normalissimo modo di farsi valere e di far riconoscere le proprie pur fondate ragioni.
Inoltre, oltre a confermare ciò che già sapeva chi l'aveva conosciuta - e cioè di essere una vera attrice - si rivela anche come coraggiosa testimone civile. Dà tutta se stessa alla performarce e si percepisce. Usa parole, concetti, nomi senza risparmio e dominando la legittima naturale ritrosia. Chi scrive ha avuto occasione d'incontrarla prima dello spettacolo ed ha percepito un certo nervosismo. Ma considera addirittura un privilegio aver potuto stringerle la mano pochi secondi dopo l'esibizione. Una mano che ha trasmesso gran parte delle vibrazioni provate dalla donna che in alcuni attimi devono aver raggiunto il parossismo.
M'è piaciuta anche l'idea di Nino Racco di non raccontare un fatto di criminalità organizzata italiana meridionale, ma di narrare la storia del sogno liberaldemocratico di Jan Palach finito nella sublime tragedia del suo "volontario" rogo nella Praga ricomunistizzata dalla violenza moscovita. M'è piaciuta perché - come ho già scritto - è immediato "identificare nella lotta alle mafie la stessa lotta per la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani, civili, politici e sociali che ha già impegnato gl'Italiani in altre fasi storiche e che tutt'oggi impegna centinaia di milioni di persone in varie parti del mondo."
Altra divagazione-non-divagazione è quella di una giovane attrice che con i suoi "monologhi di Desdemona" ha fatto emergere quello che è sotto gli occhi di tutti. La violenza maschile sulle donne. E il silenzio imposto a queste donne da una cultura occidentale ancora intimamente barbarica nonostante internet, la televisione e gli aerei supersonici. "Sopporta, è tua l'incombenza di tenere unita la famiglia, non esagerare, pensa ai piccoli...". D'altra parte la ndrangheta non è altro che questo marito-padrone per la donna-Calabria.
Alcuni artisti - in particolare Voltarelli e Racco - hanno ironicamente manifestato il loro disappunto per la musica diffusa senza risparmio di decibel dall'esercizio commerciale confinante con il Museo dello strumento musicale. Io devo dire di non essere completamente d'accordo, anche se certo qualche "acuto" se lo sarebbero potuto risparmiare. Perché mi sembra molto "antimafioso" che, a pochi metri di distanza, si possa tranquillamente decidere se andare alla manifestazione di daSud ovvero di gustare un gelato a suon di liscio. Anche questa è libertà.
Una pipì in compagnia dello stesso Voltarelli (un piacere che voi umane non potete neanche immaginare) mi rivela una notizia che ha l'effetto di un colpo di mazza da baseball sullo stomaco. Il mio paese, il posto più bello del mondo, Scilla è stato il teatro di un orrendo duplice omicidio di giovanissimi. Mi pare che uno fosse addirittura un bambino. Magro sollievo scoprire che non si tratta di scillesi.
Aprendo il giornale stamattina, ne scopro un'altra. Certo, di una gravità infinitamente minore. Ma comunque il segno che qualcosa è andato storto in decine d'anni di educazione alla democrazia e alla convivenza civile. Il neoinaugurato anfiteatro di Scilla è stato sottoposto ad attentati di notevole portata.
Ed ecco che tutto perde improvvisamente senso. Tranne la certezza dell'imprescindibilità di un dovere. Quello della speranza.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

martedì 14 luglio 2009

Un appuntamento con la libertà, il diritto, la giustizia e per la lotta alle mafie


Domani sera a Reggio "La Lunga Marcia della Memoria" di daSud

Arte e partecipazione civile unite per un messaggio insieme locale e universale...


Scilla (Italia), 14 luglio 2009


Domani sera, 15 luglio, dalle ore 9,00 alla pineta Zerbi, non perdete a Reggio l'appuntamento con "La Lunga Marcia della Memoria" di daSud.


Per saperne di più, rileggete il mio articolo del 2 luglio scorso:


Giovanni Panuccio


martedì 7 luglio 2009

Buon compleanno, Pinocchio!

Il 7 luglio di un po' di tempo fa partiva la pubblicazione di un romanzo d'appendice che avrebbe conquistato per sempre il nostro "immaginario"...
Grazie a "Google Italia", Pinocchio "mi ritorna in mente", tenero, debole, pedagogico e italiano com'è (forse ancor di più)...


Scilla (Italia), 7 luglio 2009

Italiano snaturato! C'è voluta la prima pagina di Google Italia a ricordarmi che iniziava un oggi di più di un secolo ed un ventennio fa la pubblicazione a puntate in appendice al Giornale per bambini di Ferdinando Martini de Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino del fiorentino Carlo Lorenzini detto Collodi.
Ma la mia indegnità patriottico-letteraria non ha confini, visto che non ho mai letto il romanzo in questione, se non in brani antologici in ormai lontanissimi anni scolastici...
Ma ciò non importa poi tanto. Quel che conta è che Pinocchio sia riuscito a vincere il tempo ed a trasmettere il suo messaggio profondamente etico, installandosi nel cosiddetto immaginario collettivo. Valicando le Alpi e traversando il Mediterraneo ma appartenendo profondamente alla cultura italiana.
Si potrebbe dire che Le avventure, come il deamicisiano Cuore, sia una di quelle opere che "presero sul serio" l'invito-appello di Massimo d'Azeglio - che alcune fonti attribuiscono, non a caso, allo stesso Martini del Giornale per bambini sopra citato - di "fare gli italiani", non appena conseguita l'unità e l'indipendenza della Nazione. E per farli non si può non tentare di trasmettere valori sani ed imprescindibili ai più piccoli. Valori di una modernità sorprendente e straordinaria. Il naso che cresce ad ogni menzogna ci ricorda che un bugia o un'omessa verità possono anche darci un vantaggio immediato. Ma nessun vantaggio potrà mai impedirci di provare la sgradevole sensazione d'aver ingannato i nostri educatori o i nostri più cari amici senza contare che la nostra inaffidabilità spesso ci si ritorce contro. Pare, addirittura, che nella prima stesura Collodi facesse morire Pinocchio impiccato per le sue sciaguratezze. Era un'Italia forse civilmente immatura. Ma percepiva forse con maggiore nettezza il confine tra il bene ed il male e si rendeva perfettamente conto che non può esservi vera educazione al bene senza una netta e costante punizione del male. Prevalse in seguito la lettura emendativa, certamente più consona a prestarsi al ruolo di romanzo educativo per i piccoli. Punto in comune con Cuore, poi, è la, appunto, modernissima concezione dell'istruzione come strumento per l'elevazione morale, prima ancora che culturale ed economica, della persona e - conseguentemente - della comunità. L'ultima versione del Sogno Americano, quella incarnata dal presidente Obama, non si rivelerà forse effimera se non verrà data concreta attuazione ai proprositi di riordinazione dello scassato sistema d'istruzione elementare e media gestita dalle autorità pubbliche?
Buon compleanno, Pinocchio!

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

lunedì 6 luglio 2009

Un anno senza zio Franco...




Francesco Cardillo (I gennaio 1958 - 6 luglio 2008)
Una messa in suffragio sarà celebrata oggi, lunedì 6 luglio 2009, alle ore 19, presso la Chiesa arcipretale Maria Ss. Immacolata di Scilla.

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domenica 5 luglio 2009

Democratic cosa!?...

Provincialismi italiani

Scilla (Italia), 5 luglio 2009

Apprendo dalla televisione che Ignazio Marino, già "cervello in fuga" negli Stati Uniti della medicina e della chirurgia italiane, da tre anni senatore prima ulivista poi del Partito democratico, contenderà a Pier Luigi Bersani ed al segretario uscente Dario Franceschini la carica di capo del partito che è riuscito già da due anni a fermare il turbinoso cambiamento di simboli e denominazioni - nell'assoluta immobilità delle idee e dei gruppi dirigenti - dei comunisti e dei democristiani antidegasperiani.
Le banalità sono le solite: Prodi ci faceva scoppiare d'orgoglio d'essere italiani, Berlusconi ci fa vergognare.
Ma non è questo a catturare la mia attenzione.
Guardando le immagini del palco dal quale la bella, competente e "di parte" senza essere livorosa Bianca Berlinguer intervista il luminare-senatore vedo che lo sfondo è dominato dall'insegna a caratteri cubitali "Democratic Party". Proprio così.
Ovvio dimenticare il motivo dell'intervista. A cosa si candida Marino? A governatore del Kentucky?
Ci aspettiamo da questi "cervelli in fuga" che tornano in Italia qualche tocco di internazionalità e riceviamo in cambio manifestazioni di desolante provincialismo italiano un po' albertosordesco. Quello di chi si gonfia il petto perché Prodi è ricevuto alla Casa Bianca nel prato e non davanti al caminetto attiguo allo studio ovale. E che confonde il partito di Rosi Bindi e di Bassolino con il partito di Nancy Pelosi e di Obama.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

Risposta al commento di U Nonnu (per motivi tecnici, non posso pubblicarlo nella sezione commenti)

Nonostante il latte fattomi giungere alle ginocchia da Michele Mirabella ed il fracasso che c'è a casa mia, sono riuscito a bere fino in fondo il tuo articolo del 15 ottobre 2005 come ho fatto con gli ottimi vini calabresi de "Il vino è protagonista" (Scilla, piazza San Rocco, 5 luglio 2009). Sembra di leggere - all'inizio - un articolo sul regime fascista nei primi anni dell'Italia repubblicana o un articolo sulla monarchia parlamentare e liberale durante i primi passi del governo Mussolini. Insomma: il quadro politico è profondamente mutato (secondo me: in meglio), anche se il fallimento dei referenda Guzzetta rischia di far tornare l'Italia alla politica del pollaio e del potere di ricatto affidato ad un Rossi, un Turigliatto, un De Gregorio o un Fisichella qualsiasi (che penoso finale di carriera politica per quest'ultimo, già politologo acuto ed anticipatore della politica italiana del 2000 con il suo impulso decisivo - sul piano culturale - alla nascita di Alleanza nazionale).
Ma torniamo ai nostri articoli. Facciamo un accordo: tu non sei comunista ed io non sono un servo di Berlusconi. Io sono un liberaldemocratico laico (che non vuol dire ateo o agnostico) e legalitario di centrodestra. Tu ti autoattribuisci un orientamento politico sinistrorso. Punto.
Detto questo, io credo che tu confonda il provincialismo e l'esterofilia fine a se stessa (dico fine a se stessa, perché ci guardiamo bene dall'importare l'effettività delle norme giuridiche e deontologiche, l'efficienza amministrativa e professionale e la meritocrazia degli altri Paesi del G8, Russia esclusa) con il salutare scambio d'influenze e di esperienze che da sempre è un connotato tipico del costituzionalismo occidentale. Lo riconosci implicitamente anche tu, quando descrivi la Costituzione italiana vigente come "un esempio" per mezzo mondo. E se si legge la parte relativa ai diritti ed ai doveri dei cittadini della Costituzione spagnola del '78 sembra davvero di leggere quella italiana di trent'anni prima così come in quest'ultima è facile percepire l'eco di quella spagnola del '31, rimasta lettera morta non solo per colpa di Franco, ma in primo luogo per colpa dei comunisti filosovietici, degli anarchici e degli anticristiani travestiti da democratici repubblicani.
Eppure i costituenti iberici degli anni '70 si sono ben guardati dal prendere esempio dalla nostra Costituzione per quanto riguarda la parte organizzativa. Avevano sotto gli occhi la situazione politica italiana dopo trentacinque anni dalla caduta del fascismo e si rendevano perfettamente conto che nel determinarne il degrado e la patologica inefficienza ed instabilità una parte decisiva l'avevano avuta articoli della legge fondamentale come il 70 (le due Camere hanno gli stessi poteri in relazione alla formazione delle leggi, senza essere vincolate a nessun limite di tempo o di materia) e il 94 (ognuna delle due Camere può far cadere il governo quando le pare a maggioranza semplice e senza proporre un'alternativa già pronta). Con questi ed altri articoli costituzionali fece blocco il proporzionalismo estremo che pervadeva tutta la legislazione elettorale e che consentì per interi decenni la sopravvivenza artificiale di partiti con una media storica di voti oscillante attorno all'uno per cento. Partiti con un numero di eletti spesso insufficiente a formare un gruppo autonomo e tuttavia determinanti per le sorti del governo. Saggiamente gli spagnoli non hanno seguito gl'italiani in questo ed hanno preferito ispirarsi ai francesi (netta prevalenza della volontà legislativa della Camera su quella del Senato ed esclusività del suo rapporto di fiducia col governo), ai britannici (presidente del governo capo effettivo del potere esecutivo e della maggioranza parlamentare) ed ai tedeschi (la Camera non può far cadere il presidente del governo senza proporne un altro o decretando, di fatto, il proprio autoscioglimento).
Ben venga, dunque, l'influenza di modelli anglosassoni come il collegio uninominale (per la verità vigente anche in Italia prima della grande guerra '15-'18) o l'elezione primaria del capo di uno dei principali partiti, da candidare alla presidenza del Consiglio, se ci aiuta a comprendere che un governo liberaldemocratico forte non è l'anticamera della dittatura ma, al contrario, il suo migliore antidoto.
Il problema sorge quando questa positiva influenza viene lasciata trasformare in una pedissequa fotocopiatura di modelli partitici, riferimenti storici, persino linguaggi... Si pensi all'aggettivo "liberale" che negli Stati Uniti vuol dire praticamente l'opposto che da noi...
Ebbene sì: se i Ds e i Dl avessero chiamato il loro partito unitario "Partito democratico e socialista" o "Partito democratico e progressista" - curandosi bene di non fare pacchianate come quella di Marino - avrebbero scelto una soluzione più rispettosa di loro stessi, dei loro elettori, della loro storia e non sarebbero attanagliati da una perdurante e inguaribile crisi d'identità...
Ma il bipolarismo no: quello c'è sempre stato (Pci/Dc). E quando è associato a sistemi elettorali non strettamente proporzionalistici è l'unico sistema in grado di assicurare, ad un tempo, governi stabili e legittimati dalla volontà popolare e la costruzione dell
'alternativa ai governi medesimi.

sabato 4 luglio 2009

Giuseppe Giordano, lo chef della porta accanto...

Piacevoli scoperte. A Scilla, nell'incantato borgo di Chianalea, al ristorante "Panoramic" (già "Xifia") è possibile incontrare un eccellente connubio tra tradizione e innovazione nell'arte culinaria dagli esiti sorprendenti. Non solo per il palato...

Scilla (Italia), 4 luglio 2009

Conoscevo Giuseppe Giordano, scillese come me, più giovane di alcuni anni. Sapevo che da parecchio tempo girovagava per ristoranti e alberghi dell'Italia settentrionale e della vicina Europa. Ma non credevo che, varcata la soglia della cucina, vi rimanesse oltre il tempo necessario a prelevare le portate da condurre ai tavoli. Me lo immaginavo in sala ad intrattenere i clienti - e, soprattutto, le clienti - con il suo spirito goliardico e spontaneo...
Quando sono stato invitato da alcuni amici a trascorrere una serata al ristorante "Panoramic" (già "Xifia") dove Giordano avrebbe cucinato per noi sapevo, quindi, che avrei trascorso del tempo piacevole, principalmente per il posto e per la compagnia, ma non avrei scommesso un euro che avrei gustato una cena non comune.
Percorro a piedi, dunque, il lungomare Colombo, la via San Francesco di Paola ancora disastrata dai lavori in corso e chiusa al traffico carrato - incredibile in piena stagione turistica per un posto come Scilla! -, il porto e faccio, quindi, il mio ingresso a Chianalea, subendone il fascino fatto di suggestioni visive, acustiche ed olfattive come fosse la prima volta. Mi dirigo verso piazza Porto Salvo, parte "alta" del quartiere, ed entro nel ristorante, raggiungibile anche dalla strada statale 18, pochi metri dopo la Chiesa arcipretale dell'Immacolata, in direzione Bagnara. Franco e Carmelo Santafemia sono dei perfetti padroni di casa. Sanno della prenotazione dei miei amici e m'intrattengono in attesa del loro arrivo. Nel corso della serata dovrò pure scusarmi con Franco per avergli detto che il posto non è sufficientemente ventilato: il caldo era quello che proveniva da me stesso reduce da una lunga camminata e non da una terrazza panoramica che presto si rivelerà - anche per il clima - uno spicchio di Paradiso.
A tavola. Chiara è gentile e disponibile ad ascoltare le nostre richieste e rende subito, con il suo sorriso, ancora più belle le portate magistralmente impiattate da Giordano, che si diverte a presentarcele in forme non scontate e tuttavia coerenti. Non manca mai un pomodorino ciliegino a ricordarci che siamo nel cuore del Mediterraneo, quasi una firma dello chef scillese. Tra gli antipasti non mancano i classici come le frittelle di neonata (ciciaredda a Scilla, bianchetto altrove) o le cozze marinate né novità degli ultimi anni che hanno ampiamente - e con grande successo! - superato la fase "sperimentale" come la parmiggiana di melanzane e pescespada. Giuseppe ci propone anche una "tartara" di pescespada. Ci piace, ma il nostro rapporto con la crudità o con le cotture del tutto prescindenti dal fuoco non è ancora completamente pacificato. Il resto sono sapori e odori e visioni del mare e della terra riuniti in un'armonia che difficilmente chi non cucina per mestiere e - soprattutto - per passione riesce ad immaginare.
Tale armonia raggiunge il culmine nel risotto d'oro (o dorato?) nel quale tutti i sapori - ho riconosciuto il parmigiano, i funghi, qualcosa di "marino" che non saprei dire... - non solo s'armonizzano ma sembrano fondersi in unico sapore superiore...
Il dessert è l'evergreen tiramisù... Ma poteva essere quello solito? Certo che no! E allora via i savoiardi e dentro delle cialdine morbide che immagino preparate personalmente dallo stesso Giordano, associate ad una cremina di una delicatezza tutt'altro che priva di sapore e a delle fragole succulente...
Un sorso del calabresissimo Vecchio Amaro del Capo, l'odore e il rumore del mare un po' distante ma ancora fortemente percepibile, una brezza leggera che rende il clima semplicemente ideale, la professionalità e la gentilezza di Franco, Carmelo, Giuseppe e Chiara e la compagnia di amici aperti al sorriso rendono tutt'altro che comune una serata all'insegna del piacere dei sensi.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

giovedì 2 luglio 2009

DaSud un messaggio universale

L'arte e la musica contro le mafie e per i diritti.
Il 15 luglio a Reggio la "Maratona teatrale con incursioni musicali. Artisti calabresi per i diritti".


Scilla (Italia), 3 luglio 2009

Economiche, politiche, scientifiche. Ma soprattutto culturali e, in una certa ben definita accezione, "identitarie" sono le motivazioni e le finalità che, in Calabria nel 2005, hanno condotto alla nascita di daSud, onlus che immagina di rendere visibile una civiltà delle genti del Mezzogiorno e delle Isole che sia l'esatta antitesi di quella proposta (imposta) da ndrangheta, cosanostra, camorra, sacracoronaunita e dai loro codici mentali e comportamentali. Ben più diffusi - ahimè - delle loro pur possenti organizzazioni strettamente intese. Codici - a ben vedere - prescindenti perfino la stessa nozione di mafia o la storia dell'Italia meridionale ed insulare. Facilmente riconducibili, d'altra parte, ai concetti di prepotenza; prevaricazione; perseguimento del proprio interesse particolare a discapito d'ogni altro; capacità associativa finalizzata al perpetuarsi di ingiuste condizioni di favore a discapito del diritto, della meritocrazia, dell'efficienza; volgare tracotanza nei confronti di ogni e qualsiasi "autorità superiore". Si chiami Stato, legge o giustizia...
E' dunque facile, così, identificare nella lotta alle mafie la stessa lotta per la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani, civili, politici e sociali che ha già impegnato gl'Italiani in altre fasi storiche e che tutt'oggi impegna centinaia di milioni di persone in varie parti del mondo.
DaSud ha dato ampia testimonianza di questa lotta in decine di documenti ed iniziative di ogni tipo, che hanno interessato vari ambiti disciplinari - dall'economia alla politica - e non hanno trascurato nessuno degli ambiti locali nei quali è radicato e si manifesta l'odioso fenomeno mafioso, accomunandosi ed al tempo stesso differenziandosi dagli altri.
E così, anche al fine di "ragionare attorno a un’originale identità meridionale, trasparente e scevra dall’idea dell’ineluttabilità", daSud (che si è di recente dotata di una sede romana, in via Gentile da Mogliano 168/170, quartiere Pigneto) ripropone "La Lunga Marcia della Memoria" che interesserà molte città italiane dal 14 al 25 luglio e che il 15, alle ventuno, si concreterà a Reggio in una Maratona teatrale con incursioni musicali. Artisti calabresi per i diritti.
L'appuntamento è al Museo dello strumento musicale presso la pineta Zerbi e si preannuncia ricco di monologhi, canzoni, letture e rappresentazioni di vario tipo, all'insegna della sperimentazione e della contaminazione dei linguaggi. Molti importanti autori ed interpreti calabresi si apprestano a dare o hanno già dato la loro disponibilità. Tra questi ultimi Peppe Voltarelli, Peppino Mazzotta, Dario De Luca, Dario Natale, Gaetano Tramontana, Ernesto Orrico, Maria Marino, Rachele Ammendola (già nota ai lettori di giovannipanuccio.blogspot.com) e Massimo Barillà.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com