Scilla (Italia), 30 agosto 2008
I giochi sono fatti. Il periodo - i due-tre mesi precedenti il giorno delle elezioni - che in qualsiasi Nazione europea costituisce "la" campagna elettorale, negli Stati Uniti d'America è soltanto "l'ultimo scorcio".
Gli unici due partiti con la sostanziale possibilità di esprimere il prossimo presidente degli Stati Uniti hanno o celebrato - come il Partito democratico di Obama - il loro congresso o - come il Partito repubblicano di McCain - si accingono a farlo. Congressi che, come da tradizione, sono delle autentiche feste di patriottismo, paradossalmente, nazionale e di parte al tempo stesso. I due "primattori" hanno scelto le rispettive "controfigure", mirando entrambi - come da tradizione consolidata - a "stemperare" il proprio profilo con una figura notevolmente diversa, se non opposta, dalla propria. Nella speranza - o illusione? - che i voti dispersi dal candidato-presidente a motivo delle sue caratteristiche vengano intercettati dal candidato-vicepresidente che queste caratteristiche contraddice e completa.
E così, se al relativamente giovane Obama (Honolulu, 4 agosto 1961) si rimprovera di non avere una sufficiente esperienza politica nazionale e internazionale e di non aver mai ricoperto incarichi nell'amministrazione presidenziale o alla guida di commissioni parlamentari, questi risponde scegliendo come proprio candidato-vicepresidente l'esperto senatore Joseph Biden (Scranton, 20 novembre 1942), veterano della potente commissione relazioni internazionali del massimo organo collegiale statunitense. Cosa che gli ha procurato notorietà e stima a livello internazionale, soprattutto da quando ha assunto la presidenza della commissione medesima.
E McCain? Non è forse troppo vecchio (Panama, 29 agosto 1936) e non rappresenta irrimediabilmente la staticità ed il passatismo a fronte del primo candidato nero con possibilità di essere eletto e della prima donna che per un soffio ha mancato la candidatura ufficiale del Partito democratico?
Lui risponde scegliendo Sarah Palin (Sandpoint, 11 febbraio 1964), elegante ed energica governatrice dell'Alaska, incaricata di "fare il pieno" fra tutte quelle democratiche e tutti quei democratici che non hanno ancora digerito il boccone amaro della vittoria di Obama su Hillary Rodham Clinton nelle primarie del partito e, soprattutto, la mancata scelta della senatrice come candidata-vicepresidente. Operazione non semplicissima perché, sesso a parte, la governatrice Palin è antiabortista ed il timore che questo suo orientamento, in caso di elezione, possa, a lungo andare, influenzare la giurisprudenza (visto che la presidenza ha il compito di nominare i nove giudici della Corte suprema - che però si rinnovano parzialmente soltanto alla morte, al sopraggiungere di una causa d'impedimento permanente o alle, rare, dimissioni di uno di essi - oltre a numerosi giudici federali) e la legislazione federale potrebbe indurre molte femministe clintoniane ad acconciarsi a votare Obama.
E' dal 1997 - seconda amministrazione di Bill Clinton - che la politica nazionale degli Stati Uniti vive una nuova ininterrotta stagione di "prime volte". Tale stagione ha finora interessato soltanto la carica di segretario di Stato, ossia il ministro degli Affari esteri della Federazione nordamericana. Con Madeleine Albright, la prima donna; Colin Powell, il primo uomo afroamericano e Condoleezza Rice, la prima donna afroamericana.
Adesso si alza il tiro e si punta direttamente alle due massime cariche. Se Obama sarà eletto, infatti, sarà il primo nero a presiedere la Nazione che - contraddicendo i propri stessi principi - i neri indusse prima in schiavitù e poi in condizione di minorità civile e politica. E se McCain, in caso di vittoria, sarà il presidente più vecchio al momento dell'elezione, Sarah Palin sarà la prima vicepresidente di sesso femminile, avendo dovuto l'italoamericana Geraldine Ferraro, prima candidata alla carica nel 1984, condividere la sconfitta di Walter Mondale e del Partito democratico in favore del Partito repubblicano di Reagan.
Mi pare che ci sia abbastanza materiale per un nuovo sondaggio. Vi chiederò quale, secondo voi, delle due "coppie presidenziali" ha maggiori possibilità di stabilire la sua "pima volta".
Per conoscere qualche altra mia considerazione - un po' datata - sul tema, leggete, invece, questo mio articolo del 27 maggio.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
I giochi sono fatti. Il periodo - i due-tre mesi precedenti il giorno delle elezioni - che in qualsiasi Nazione europea costituisce "la" campagna elettorale, negli Stati Uniti d'America è soltanto "l'ultimo scorcio".
Gli unici due partiti con la sostanziale possibilità di esprimere il prossimo presidente degli Stati Uniti hanno o celebrato - come il Partito democratico di Obama - il loro congresso o - come il Partito repubblicano di McCain - si accingono a farlo. Congressi che, come da tradizione, sono delle autentiche feste di patriottismo, paradossalmente, nazionale e di parte al tempo stesso. I due "primattori" hanno scelto le rispettive "controfigure", mirando entrambi - come da tradizione consolidata - a "stemperare" il proprio profilo con una figura notevolmente diversa, se non opposta, dalla propria. Nella speranza - o illusione? - che i voti dispersi dal candidato-presidente a motivo delle sue caratteristiche vengano intercettati dal candidato-vicepresidente che queste caratteristiche contraddice e completa.
E così, se al relativamente giovane Obama (Honolulu, 4 agosto 1961) si rimprovera di non avere una sufficiente esperienza politica nazionale e internazionale e di non aver mai ricoperto incarichi nell'amministrazione presidenziale o alla guida di commissioni parlamentari, questi risponde scegliendo come proprio candidato-vicepresidente l'esperto senatore Joseph Biden (Scranton, 20 novembre 1942), veterano della potente commissione relazioni internazionali del massimo organo collegiale statunitense. Cosa che gli ha procurato notorietà e stima a livello internazionale, soprattutto da quando ha assunto la presidenza della commissione medesima.
E McCain? Non è forse troppo vecchio (Panama, 29 agosto 1936) e non rappresenta irrimediabilmente la staticità ed il passatismo a fronte del primo candidato nero con possibilità di essere eletto e della prima donna che per un soffio ha mancato la candidatura ufficiale del Partito democratico?
Lui risponde scegliendo Sarah Palin (Sandpoint, 11 febbraio 1964), elegante ed energica governatrice dell'Alaska, incaricata di "fare il pieno" fra tutte quelle democratiche e tutti quei democratici che non hanno ancora digerito il boccone amaro della vittoria di Obama su Hillary Rodham Clinton nelle primarie del partito e, soprattutto, la mancata scelta della senatrice come candidata-vicepresidente. Operazione non semplicissima perché, sesso a parte, la governatrice Palin è antiabortista ed il timore che questo suo orientamento, in caso di elezione, possa, a lungo andare, influenzare la giurisprudenza (visto che la presidenza ha il compito di nominare i nove giudici della Corte suprema - che però si rinnovano parzialmente soltanto alla morte, al sopraggiungere di una causa d'impedimento permanente o alle, rare, dimissioni di uno di essi - oltre a numerosi giudici federali) e la legislazione federale potrebbe indurre molte femministe clintoniane ad acconciarsi a votare Obama.
E' dal 1997 - seconda amministrazione di Bill Clinton - che la politica nazionale degli Stati Uniti vive una nuova ininterrotta stagione di "prime volte". Tale stagione ha finora interessato soltanto la carica di segretario di Stato, ossia il ministro degli Affari esteri della Federazione nordamericana. Con Madeleine Albright, la prima donna; Colin Powell, il primo uomo afroamericano e Condoleezza Rice, la prima donna afroamericana.
Adesso si alza il tiro e si punta direttamente alle due massime cariche. Se Obama sarà eletto, infatti, sarà il primo nero a presiedere la Nazione che - contraddicendo i propri stessi principi - i neri indusse prima in schiavitù e poi in condizione di minorità civile e politica. E se McCain, in caso di vittoria, sarà il presidente più vecchio al momento dell'elezione, Sarah Palin sarà la prima vicepresidente di sesso femminile, avendo dovuto l'italoamericana Geraldine Ferraro, prima candidata alla carica nel 1984, condividere la sconfitta di Walter Mondale e del Partito democratico in favore del Partito repubblicano di Reagan.
Mi pare che ci sia abbastanza materiale per un nuovo sondaggio. Vi chiederò quale, secondo voi, delle due "coppie presidenziali" ha maggiori possibilità di stabilire la sua "pima volta".
Per conoscere qualche altra mia considerazione - un po' datata - sul tema, leggete, invece, questo mio articolo del 27 maggio.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
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