Scilla (Italia), 22 novembre 2008
Ségolène Royal è stata sconfitta nel ballottaggio per l'elezione del segretario del Partito socialista francese per soli quarantadue voti.
L'elezione, sul modello statunitense delle primarie importato in Europa - per primo - dal centrosinistra italiano, era aperta a tutti gl'iscritti al partito che fu di Mitterand e Jospin.
Ad aggiudicarsi l'ambita carica - equivalente, al momento, a quella di capo dell'opposizione ed implicante la quasi certezza di venir candidati alla presidenza della Repubblica alla prossima elezione - è stata un'altra donna. Martine Aubry, figlia del due volte presidente della Commissione europea Jacques Delors (Aubry, infatti, è il cognome del primo marito di lei), madre della legge sulle trentacinque ore di massimo lavoro settimanale.
Royal ha già contribuito a scrivere una piccola grande pagina di storia della Francia e dell'Europa centromeridionale, essendo stata, nel 2007, la prima donna a disputare il secondo turno dell'elezione presidenziale.
Stavolta, gridando ai brogli per la stentata vittoria della rivale e rifiutandosi clamorosamente di accettare la sconfitta, rischia di aggiungere, invece, un'altra pagina alla interminabile storia di uomini politici d'Europa (Regno Unito escluso) avvinghiati al potere come conchiglie a uno scoglio. Disposti, per questa passione per il potere, anche a mettere a serio rischio gl'interessi della comunità nazionale o, comunque, di quella del proprio partito.
E' un vero peccato che questa donna che ha condotto la sua campagna elettorale interna all'insegna di progetti politici innovativi - come l'alleanza con il centro, in Francia alleato naturale del centrodestra - stia dando una prova così penosa di continuità con le peggiori abitudini della vecchia politica. La politica, ahinoi, non solo dei maschi.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
L'elezione, sul modello statunitense delle primarie importato in Europa - per primo - dal centrosinistra italiano, era aperta a tutti gl'iscritti al partito che fu di Mitterand e Jospin.
Ad aggiudicarsi l'ambita carica - equivalente, al momento, a quella di capo dell'opposizione ed implicante la quasi certezza di venir candidati alla presidenza della Repubblica alla prossima elezione - è stata un'altra donna. Martine Aubry, figlia del due volte presidente della Commissione europea Jacques Delors (Aubry, infatti, è il cognome del primo marito di lei), madre della legge sulle trentacinque ore di massimo lavoro settimanale.
Royal ha già contribuito a scrivere una piccola grande pagina di storia della Francia e dell'Europa centromeridionale, essendo stata, nel 2007, la prima donna a disputare il secondo turno dell'elezione presidenziale.
Stavolta, gridando ai brogli per la stentata vittoria della rivale e rifiutandosi clamorosamente di accettare la sconfitta, rischia di aggiungere, invece, un'altra pagina alla interminabile storia di uomini politici d'Europa (Regno Unito escluso) avvinghiati al potere come conchiglie a uno scoglio. Disposti, per questa passione per il potere, anche a mettere a serio rischio gl'interessi della comunità nazionale o, comunque, di quella del proprio partito.
E' un vero peccato che questa donna che ha condotto la sua campagna elettorale interna all'insegna di progetti politici innovativi - come l'alleanza con il centro, in Francia alleato naturale del centrodestra - stia dando una prova così penosa di continuità con le peggiori abitudini della vecchia politica. La politica, ahinoi, non solo dei maschi.
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com