martedì 4 novembre 2008

Attesa

Scilla (Italia), 4 novembre 2008

La lunga ed appassionante "corsa alla Casa Bianca", virtualmente iniziata nell'ormai lontano - dati soprattutto gli eventi, a cominciare dalla straordinaria crisi finanziario-economica, accaduti nel frattempo - febbraio 2007, quando Barack Obama, nella sua Chicago, annunziò la storica decisione di "provarci", è finalmente arrivata al suo capolinea sostanziale (per quello formale, infatti, bisognerà attendere ancora un po': il 20 gennaio 2009, quando avverrà il "passaggio di consegne" tra G. W. Bush ed il suo successore, con il solenne giuramento di quest'ultimo nelle mani del presidente della Corte suprema).
In una breve serie d'articoli ho cercato di motivare la mia preferenza per McCain, basata in primo luogo sulla posizione nei confronti del "problema Iraq" e, in generale, su una concezione della politica estera maggiormente retta, a parer mio, da notevole esperienza, capacità di prendere decisioni ponderate e di tenervi fede anche di fronte alle difficoltà attuative e, in generale, una visione più completa delle generiche parole d'ordine - "dialogo anche con l'Iran", "possibilità d'incursioni armate in territorio pachistano anche in assenza dell'autorizzazione del governo di Islamabad" etc. - proposte da Obama.
La probabile elezione di quest'ultimo, altresì, per il suo dirompente valore simbolico - sarebbe, infatti, il primo presidente nato da un padre d'etnia africana in una Nazione che ha atteso poco meno di duecento anni dalla propria nascita per abolire il razzismo dalle proprie leggi e che ancora attende di abolirlo da tutte le menti e da tutti i cuori - è stata, secondo me, caricata di eccessive aspettative, in tutto il mondo, che potrebbero rendere cocente la delusione di molti quando gran parte di esse, per l'ostinazione della realtà di sopraffare, molto spesso, la volontà degli esseri umani, dovesse restare disattesa.
Ad ogni modo, confermo la mia impressione del maggio scorso, quando la senatrice Hillary Rodham Clinton era ancora in corsa: chiunque vinca, gli Stati Uniti - e il mondo - sono in mani abbastanza affidabili.

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@mail.com

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