Berlusconi, la democrazia, l'Italia
Scilla (Italia), 20 giugno 2009
Berlusconi è e rimane - nell'anima - un imprenditore. Un "padrone", per esseri precisi: "il cumenda" se non fosse che, provvidenzialmente, l'onorificenza ricevuta nel 1977 dalle mani del presidente Leone consistesse in quella di cavaliere del lavoro e non di commendatore. Berlusconi non ha capito fino in fondo i meccanismi della politica nazionale ed internazionale, il loro "galateo" perfino. Berlusconi confonde i voti ad un partito con le azioni possedute in una società commerciale e parla ed agisce di conseguenza, mostrando di non capire o d'ignorare volutamente, ad esempio, l'importanza del fatto che i provvedimenti proposti dal governo siano sottoposti - in tempi e con modalità ed effetti differenti - al vaglio dei due rami del Parlamento, del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e, in definitiva, dell'opinione pubblica. Il conflitto fra gl'interessi generali che Berlusconi è tenuto a perseguire come presidente del Consiglio dei ministri e quelli politici ed economici particolari connessi con il suo essere, di diritto o di fatto, azionista di maggioranza del principale gruppo televisivo italiano, fra quelli di proprietà privata, e di uno dei principali gruppi editoriali è un fattore evidente e grave di condizionamento della libertà di resoconto dei fatti e di espressione e circolazione delle opinioni sui grandi mezzi di comunicazione sociale. Il percorso di vita di Belusconi non ha marciato sempre all'interno del binario - ora largo, ora stretto - della legalità ma si è concesso, come capita a molte persone circondate da fama e apprezzamento sociale, qualche deviazione ora di qua, ora di là. La sua concezione della donna e dell'uomo, dei loro rapporti a cominciare da quelli coniugali, dei requisiti da valutare per stabilire l'idoneità di una donna (come di una qualsiasi persona, per la verità) a ricoprire un ufficio pubblico o una carica elettiva riflettono una mentalità che denuncia perfino più dei quasi settantatré anni d'età che, per altri aspetti, Berlusconi si sforza con ogni mezzo di nascondere.
Tutto vero.
Ma, come ci ricorda la formula di giuramento dei testimoni in uso presso le giurisdizioni statunitensi e resa celebre in Italia dalla serie televisiva "Perry Mason", la verità o è "tutta" e priva dell'inserimento di cose non vere o non è.
E tutta la verità c'impone d'affermare serenamente che è vero che, per i motivi elencati, la qualità attuale del sistema democratico-costituzionale italiano e dell'effettività dei principi liberali non è certo il migliore esempio per altri Paesi di recente accesso alla democrazia o in via di democratizzazione. Ma è anche vero che parlare di "dittatura" con riferimento all'Italia (o di "regime", con implicita allusione a quello fascista) oppure di democrazia "pilotata" del tipo di quelle russa o venezuelana è, insieme, ridicolo e irriguardoso nei confronti della propria stessa Patria. Tutta la verità impone di affermare che è giusto che il disegno di legge sulle intercettazioni già deliberato dalla Camera venga interessato da rilevanti modifiche da parte del Senato. Ma è altrettanto vero che il cortocircuito procure-media di massa ha avuto l'effetto di trasformare questo cruciale ed irrinunciabile mezzo d'indagine in una "pesca a strascico" in grado di stravolgere l'obbligo costituzionale di esercizio dell'azione penale in una ricerca indiscriminata e costosissima per le scarne casse del ministero della Giustizia di notizie di reato che, anche quando andata a vuoto, ha comunque prodotto materiale disponibile a trasformarsi in "getti di fango" magistralmente utilizzati da un sistema dell'informazione che spesso confonde il dovere di cronaca con la sollecitazione della curiosità pettegola e morbosa e la legittima partigianeria politico-culturale o industriale con una vera e propria militanza in favore del proprio partito, della propria visione del mondo o del proprio gruppo editoriale, industriale o finanziario, senza tema di sacrificare a tale militanza la verità o parti di verità.
L'elenco di queste verità parziali - e, quindi, di non verità - potrebbe essere lungo. Limitiamoci alla "politica politicante": quella del Parlamento, del governo e del presidente della Repubblica.
Si parla, con riferimento a Berlusconi ed ai suoi governi, di "pericolo per la democrazia" quando non di "regime" già instaurato. Bene: democrazia vuol dire molte cose ma solitamente si ritiene che sia il governo della maggioranza espressa dalle elezioni esercitato nel rispetto delle minoranze. Da quando Berlusconi è entrato in politica, quali sono stati gli unici due casi nei quali la democrazia - così intesa - è stata ferita, stravolgendo il responso delle urne?
Entrambi questi casi sono firmati Scalfaro ed hanno danneggiato politicamente Berlusconi e mortificato la volontà degli elettori del centrodestra. Elettori che nel 1994 decisero che il primo governo della cosiddetta (ed impropriamente detta) "seconda Repubblica" dovesse essere di centrodestra. Finché l'irresponsabilità di Bossi, la giustizia ad orologeria e le trame del Quirinale non fecero sì che ad un governo di centrodestra suffragato dalla volontà popolare si sostituisse, senza tornare a chiedere il parere del popolo, un governo di esperti non facenti parte del Parlamento ma di fatto controllato da una maggioranza di centrosinistra costituitasi nelle Camere. Nel 1996, invece, gli elettori preferirono il centrosinistra di Prodi, grazie soprattutto agli accordi "di desistenza" con Rifondazione comunista. Tali accordi ressero fino al 1998 quando, anziché tornare a chiedere agl'italiani cosa ne pensassero, si preferì approfittare dell'amor di poltrona di una "pattuglia" di parlamentari eletti nel centrodestra - guidati da Mastella e Buttiglione - che con il loro travisamento della volontà popolare resero possibile la nascita del governo D'Alema.
Immaginiamo per un istante che le "parti in commedia" fossero invertite e che fosse stato il centrodestra a dirigere queste manovre di pesante travisamento della volontà popolare: è così esagerato pensare che avremmo rivisto le pistole nelle piazze?
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
Scilla (Italia), 20 giugno 2009
Berlusconi è e rimane - nell'anima - un imprenditore. Un "padrone", per esseri precisi: "il cumenda" se non fosse che, provvidenzialmente, l'onorificenza ricevuta nel 1977 dalle mani del presidente Leone consistesse in quella di cavaliere del lavoro e non di commendatore. Berlusconi non ha capito fino in fondo i meccanismi della politica nazionale ed internazionale, il loro "galateo" perfino. Berlusconi confonde i voti ad un partito con le azioni possedute in una società commerciale e parla ed agisce di conseguenza, mostrando di non capire o d'ignorare volutamente, ad esempio, l'importanza del fatto che i provvedimenti proposti dal governo siano sottoposti - in tempi e con modalità ed effetti differenti - al vaglio dei due rami del Parlamento, del presidente della Repubblica, della Corte costituzionale e, in definitiva, dell'opinione pubblica. Il conflitto fra gl'interessi generali che Berlusconi è tenuto a perseguire come presidente del Consiglio dei ministri e quelli politici ed economici particolari connessi con il suo essere, di diritto o di fatto, azionista di maggioranza del principale gruppo televisivo italiano, fra quelli di proprietà privata, e di uno dei principali gruppi editoriali è un fattore evidente e grave di condizionamento della libertà di resoconto dei fatti e di espressione e circolazione delle opinioni sui grandi mezzi di comunicazione sociale. Il percorso di vita di Belusconi non ha marciato sempre all'interno del binario - ora largo, ora stretto - della legalità ma si è concesso, come capita a molte persone circondate da fama e apprezzamento sociale, qualche deviazione ora di qua, ora di là. La sua concezione della donna e dell'uomo, dei loro rapporti a cominciare da quelli coniugali, dei requisiti da valutare per stabilire l'idoneità di una donna (come di una qualsiasi persona, per la verità) a ricoprire un ufficio pubblico o una carica elettiva riflettono una mentalità che denuncia perfino più dei quasi settantatré anni d'età che, per altri aspetti, Berlusconi si sforza con ogni mezzo di nascondere.
Tutto vero.
Ma, come ci ricorda la formula di giuramento dei testimoni in uso presso le giurisdizioni statunitensi e resa celebre in Italia dalla serie televisiva "Perry Mason", la verità o è "tutta" e priva dell'inserimento di cose non vere o non è.
E tutta la verità c'impone d'affermare serenamente che è vero che, per i motivi elencati, la qualità attuale del sistema democratico-costituzionale italiano e dell'effettività dei principi liberali non è certo il migliore esempio per altri Paesi di recente accesso alla democrazia o in via di democratizzazione. Ma è anche vero che parlare di "dittatura" con riferimento all'Italia (o di "regime", con implicita allusione a quello fascista) oppure di democrazia "pilotata" del tipo di quelle russa o venezuelana è, insieme, ridicolo e irriguardoso nei confronti della propria stessa Patria. Tutta la verità impone di affermare che è giusto che il disegno di legge sulle intercettazioni già deliberato dalla Camera venga interessato da rilevanti modifiche da parte del Senato. Ma è altrettanto vero che il cortocircuito procure-media di massa ha avuto l'effetto di trasformare questo cruciale ed irrinunciabile mezzo d'indagine in una "pesca a strascico" in grado di stravolgere l'obbligo costituzionale di esercizio dell'azione penale in una ricerca indiscriminata e costosissima per le scarne casse del ministero della Giustizia di notizie di reato che, anche quando andata a vuoto, ha comunque prodotto materiale disponibile a trasformarsi in "getti di fango" magistralmente utilizzati da un sistema dell'informazione che spesso confonde il dovere di cronaca con la sollecitazione della curiosità pettegola e morbosa e la legittima partigianeria politico-culturale o industriale con una vera e propria militanza in favore del proprio partito, della propria visione del mondo o del proprio gruppo editoriale, industriale o finanziario, senza tema di sacrificare a tale militanza la verità o parti di verità.
L'elenco di queste verità parziali - e, quindi, di non verità - potrebbe essere lungo. Limitiamoci alla "politica politicante": quella del Parlamento, del governo e del presidente della Repubblica.
Si parla, con riferimento a Berlusconi ed ai suoi governi, di "pericolo per la democrazia" quando non di "regime" già instaurato. Bene: democrazia vuol dire molte cose ma solitamente si ritiene che sia il governo della maggioranza espressa dalle elezioni esercitato nel rispetto delle minoranze. Da quando Berlusconi è entrato in politica, quali sono stati gli unici due casi nei quali la democrazia - così intesa - è stata ferita, stravolgendo il responso delle urne?
Entrambi questi casi sono firmati Scalfaro ed hanno danneggiato politicamente Berlusconi e mortificato la volontà degli elettori del centrodestra. Elettori che nel 1994 decisero che il primo governo della cosiddetta (ed impropriamente detta) "seconda Repubblica" dovesse essere di centrodestra. Finché l'irresponsabilità di Bossi, la giustizia ad orologeria e le trame del Quirinale non fecero sì che ad un governo di centrodestra suffragato dalla volontà popolare si sostituisse, senza tornare a chiedere il parere del popolo, un governo di esperti non facenti parte del Parlamento ma di fatto controllato da una maggioranza di centrosinistra costituitasi nelle Camere. Nel 1996, invece, gli elettori preferirono il centrosinistra di Prodi, grazie soprattutto agli accordi "di desistenza" con Rifondazione comunista. Tali accordi ressero fino al 1998 quando, anziché tornare a chiedere agl'italiani cosa ne pensassero, si preferì approfittare dell'amor di poltrona di una "pattuglia" di parlamentari eletti nel centrodestra - guidati da Mastella e Buttiglione - che con il loro travisamento della volontà popolare resero possibile la nascita del governo D'Alema.
Immaginiamo per un istante che le "parti in commedia" fossero invertite e che fosse stato il centrodestra a dirigere queste manovre di pesante travisamento della volontà popolare: è così esagerato pensare che avremmo rivisto le pistole nelle piazze?
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
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