mercoledì 5 novembre 2008

Barack

Scilla (Italia), 5 novembre 2008

Incredibilmente il mio endorsement, ripetuto ancora ieri, non è servito a John McCain per evitare la sconfitta nell'elezione del quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti!
Barack Hussein Obama, dunque, entra nella Storia - quasi al confine con la Leggenda - divenendo il primo uomo con un'identità genetica per metà africana ad essere designato capo della grande Nazione anglofona. Sarà anche, probabilmente, il primo capo di Stato o di governo dalla pelle scura al di fuori delle Nazioni africane.
E' con una certa perplessità che, in questi quasi due anni, ho guardato al lungo ed accidentato percorso dell'elezione presidenziale, con la sua lunga e quasi snervante teoria di primarie, caucuses, endorsement etc.
Ho avuto l'impressione che non abbia molto senso delegittimare di fatto il presidente in carica, quando ancora ha da compiere una buona metà di mandato, con un procedimento elettorale che in una qualsiasi Nazione europea si concluderebbe in due, massimo tre, mesi...
Eppure, solo un percorso come quello statunitense rende possibile l'incredibile. Soltanto lì è possibile che la società civile si "appropri" dell'apparato di un partito e sconvolga i piani dell'apparato medesimo.
Anche in Italia abbiamo avuto degli esperimenti di elezioni primarie, soprattutto ad opera delle forze di centrosinistra. Ma con un unico candidato - Prodi nel 2005, Veltroni nel 2007 - con la concreta possibilità di farcela. L'elezione di Veltroni è stata abbinata anche a quella dell'Assemblea costituente del Partito democratico. E come è avvenuta questa elezione? Con le liste bloccate! Cosa discutibile per delle elezioni istituzionali, ma assolutamente assurda per delle elezioni interne che hanno proprio lo scopo di determinare quegli equilibri che poi verranno espressi nella formazione delle liste per le elezioni degli organi della Repubblica!
Per la verità, un esempio di elezione primaria capace di scompaginare i giochi d'apparato l'abbiamo avuto. Proprio nell'Italia meridionale. In Puglia, nel 2005, le grandi forze del centrosinistra - Ds e Margherita - avevano già deciso chi sarebbe stato il candidato-presidente. Sarebbe dovuto essere il giovane economista Francesco Boccia. Ma gli elettori di centrosinistra avevano voglia di novità. E gli preferirono Nichi Vendola. Politico di lungo corso. Omosessuale, cattolico, comunista. Non mancò, allora, chi propose di considerare il responso delle primarie come un utile suggerimento per il futuro ma di non fargli derivare l'obbligo di candidare effettivamente Vendola alla guida della Giunta regionale. Alla fine, si riconobbe l'insostenibilità politico-morale di questa posizione e ci si rassegnò ad affidare la coalizione all'esponente di Rifondazione comunista, con la quasi certezza nel cuore che sarebbe stata sconfitta. Ed invece, il candidato a sorpresa si dimostrò presidente a sorpresa, rivelando che - in certi casi - è sufficiente che i cambiamenti vengano proposti perché il popolo li faccia propri.
In questi giorni si confronterà un po' il sistema italiano a quello degli Stati Uniti. Non mancherà certamente chi proporrà di istituzionalizzare - con leggi ordinarie o costituzionali - gli esperimenti per ora isolati di elezioni primarie, rendendole obbligatorie o comunque convenienti (per esempio: stabilendo che il non ricorso ad esse non dà diritto ai rimborsi elettorali pubblici o alla possibilità di presentare candidature senza la raccolta di centinaia o migliaia di firme) per l'espressione delle candidature a sindaco, presidente di Municipio, Provincia o Regione o capo della coalizione nazionale designato di fatto, in caso di vittoria, come candidato alla carica di presidente del Consiglio dei ministri. Ma anche per compilare le cosiddette "liste bloccate" - evitando l'insidioso ritorno al voto di preferenza, col quale era più agevole di oggi creare clientele, notabilati e signorie delle tessere - per l'elezione di consiglieri regionali, deputati, senatori, rappresentati europei etc.
Staremo a vedere. Ma è altamente improbabile che i partiti accetteranno di buon grado di condividere il loro potere con il resto della società.
Gli Stati Uniti hanno dimostrato di essere la terra delle possibilità e delle rivoluzioni che avvengono - nella maggior parte dei casi - senza violenza.
Yes, we can! "Sì, noi possiamo!" era il motto di Obama.
Sì: voi potete.
Ma perché noi no?

Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com

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