Scilla (Italia), 27 maggio 2008
Mancano poco più di cinque mesi al grande appuntamento di novembre con l'elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America e ancora non sappiamo quali saranno i due unici candidati con la concreta possibilità di essere eletti. Uno dei due, per la verità, è già noto: sarà il senatore dell'Arizona John McCain a tentare la conferma del Partito repubblicano alla guida della grande Nazione nordamericana dopo il controverso duplice mandato di George W. Bush. Altri due senatori - Hillary Clinton dello Stato di Nuova York e Barak Obama dell'Illinois - pare che si disputeranno fino all'ultimo momento utile, o poco prima, la candidatura ufficiale del Partito democratico, fuori dalla Casa Bianca fin dall'uscita di scena di Bill Clinton, marito della senatrice Hillary, il 20 gennaio 2001.
Una certezza, a ben vedere, già la possediamo: il prossimo "imperatore democratico-costituzionale" sarà un senatore. Quasi una rivincita sulla statistica che - accanto a pochi senatori che hanno lasciato il segno come John F. Kennedy - ha visto alternarsi alla guida del governo di Washington una lunga sfilza di vicepresidenti uscenti e di governatori di Stati. Ma fra le curiosità della statistica, ve n'è già almeno un'altra: il prossimo presidente avrà comunque stabilito un primato. Sarà la prima donna (Clinton), il primo afroamericano (Obama) o l'uomo più anziano al momento dell'elezione (McCain).
Facile rilevare come il logoramento causato all'iniziale vantaggio del Pd dalla mancata netta prevalenza di uno dei due principali "candidati alla candidatura" e la conseguente "guerra senza esclusione di colpi" tra gli stessi abbia notevolmente rilanciato le possibilità di affermazione del senatore repubblicano, all'inizio quasi sfacciatamente sottovalutato per via dell'età (è nato il 29 agosto 1936, appena un mese esatto prima del presidente del Consiglio dei ministri italiano Silvio Berlusconi) e dei numerosi acciacchi fisici, originanti soprattutto dalle tremende prove sopportate dal suo fisico e dalla sua mente ai tempi della guerra vietnamita.
Ma la presente riflessione, al
di là dei pur gustosissimi aspetti statistici e dei sempre appassionanti giochi di pronostici nati quasi soltanto per essere smentiti, mira a sottolineare almeno un cruciale aspetto che divide la possibile politica estera presidenziale del candidato repubblicano da quelle dei contendenti democratici e che fanno pendere la bilancia delle mie simpatie verso il vecchio ex generale.
Chi scrive è naturalmente portato - per una serie di motivi che probabilmente verranno a mano a mano svelati e chiariti a chi sarà interessato a seguire attentamente questo sito - a preferire la destra (o, meglio, il centrodestra) alla sinistra (o, meglio, al centrosinistra). Eppure ciò non mi ha mai impedito - o almeno lo spero - di giudicare fatti e persone nella loro concretezza ed evidenza e non attraverso le lenti più o meno deformanti dell'"ideologia". Proprio grazie a questa - vera o presunta - attitudine che mi autoriconosco, sono stato, fin dal suo apparire sulla scena internazionale, favorevolmente colpito dalla figura di Barak Obama. Dalla sua oratoria semplice ed attraente eppure non priva di sostanza politica e programmatica. Dal suo insistere su valori irrinunciabili per qualunque Nazione civile, forte e sicura di sé come l'unità nazionale e la conseguente appartenenza - nel riconoscimento e nel rispetto delle differenze etniche, religiose, geografiche, economiche e politiche - ad un unico "popolo" inteso, appunto, come unica entità interindividuale con identico passato, presente e futuro. Dal suo rivendicare la rappresentanza delle legittime istanze dei neri d'America - ai quali, sia pur per il cinquanta per cento, egli appartiene - disgiunto, però, dalla tradizionale retorica di recriminazioni e "dita puntate" sui bianchi che, pur non priva di serie motivazioni, ha in passato contribuito ad allargare il solco fra le comunità "razziali" piuttosto che ad integrare pienamente le minoranze nel corpo vivo della Nazione.
Anche l'elezione alla presidenza della prima donna avrebbe un impatto storico-simbolico di notevole importanza, considerato soprattutto che Clinton sarebbe molto probabilmente all'altezza di questo delicatissimo compito.
Date tali premesse è facile arguire come, secondo me, comunque andranno le cose, gli Stati Uniti e il mondo "cascheranno" bene.
Eppure, un dato decisivo - oltre alla naturale simpatia per il cosiddetto centrodestra delle liberaldemocrazie d'Europa e mondo anglosassone - mi conduce ad auspicare, nel mio piccolo, l'elezione di John McCain: la posizione nei confronti del "problema Iraq".
Chi conosce un po' McCain sa che lui quella guerra probabilmente non l'avrebbe fatta e certamente non l'avrebbe fatta alla "Bush-Cheney-Rumsfeld maniera". Eppure, pur considerato ciò, egli appare come l'unico dei tre candidati consapevole che ottenere nel più breve tempo possibile - dopo l'insediamento, il prossimo 20 gennaio, del nuovo presidente - il ritiro dall'Iraq di tutte le truppe statunitensi, trascinando via, gioco-forza, anche quelle del Regno Unito e delle altre Nazioni ancora presenti, comporterebbe - dato l'attuale stato di cose - il precipitare del Paese mesopotamico nel più ingovernabile dei caos possibili. Cosa che avrebbe effetti di incredibile galvanizzazione nei confronti di tutte le forze politiche, religiose e terroristiche più o meno antioccidentali ed antiliberaldemocratiche; rilancerebbe l'attività criminale internazionale, a cominciare dal traffico di esseri umani, armi e sostanze stupefacenti; renderebbe ancor più ingovernabile il cruciale problema dell'accoglienza, da parte dell'Europa in primo luogo, di migranti sotto i più vari titoli. Segnerebbe, insomma, un indiscusso successo del "partito di Bin Laden" e degli altri partiti contrari alla libertà, alla distinzione tra religioso e politico, all'ordine e alla legalità nazionali ed internazionali.
Ecco perché "mi piace Obama, ma sostengo McCain".
Giovanni Panuccio
giovannipanuccio.blog@gmail.com
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6 commenti:
Eccoti qui finalmente!
Mi chiedevo dove eri andato a finire.
Che bel sito...complimenti.
Lucrezia
Grazie, Lucrezia! Ah ah ah! In un momento di tristezza ed in piena notte mi sono deciso a fare questa piccola "pazzia" che per la verità mi frullava per la "capa" già da un po' di tempo... Ad ogni modo, se temi che abbandonerò Scillachiese ti sbagli di grosso! Già il 31 maggio dovresti avere mie notizie. Ciao!
Le "mie notizie" di cui scrivevo sopra a Lucrezia sono apparse, anzichè il 31 maggio, oggi, sabato 7 giugno 2008 (si veda l'articolo -"Il rispetto della vita è la prima giustizia da applicare" (Benedetto XVI, 12 maggio 2008)- sul sito Scillachiese.blogspot.com)
Gianni volevo inanzitutto farti i complimenti per il lavoro che hai fatto e che sicuramente farai, per le tematiche che tratti e per la serietà che ci metti. A tal proposito su questo articolo vorrei proporti un'iniziativa: dato che ormai il candidato democratico per la Casa Bianca è stato scelto (Obama) sarebbe bello inserire un ulteriore sondaggio per vedere chi degli scillesi (o chiunque visiterà il blog) sceglierebbe tra Hillary Clinton e Obama per una nuova ed ipotetica sfida al vertice e verificare se la scelta dei visitatori sarà la medesima di quella dei cittadini statunitensi. Ciao e auguri ancora per il tuo lavoro
Grazie, Eugenio! E, soprattutto, scusa tanto il ritardo nella risposta: mi scordo sempre d'attivare l'avviso via posta elettronica dell'inserimento di nuovi commenti. Sono davvero lieto che apprezzi questo mio... diciamo così... "lavoro" anche se per ora è solo in una fase sperimentale. So che sei particolarmente ferrato nella materia informatica e quindi il tuo giudizio vale doppio. Quanto alla tua proposta, sarò felice di accoglierla e metterla in pratica non appena saranno scaduti i termini per il sondaggio attualmente in corso riguardante la nuova inchiesta romana sulla strage di Ustica. A presto e... mi raccomando: continua a leggere e pubblicizzare giovannipanuccio.blogspot.com. Ci conto! A presto! Giovanni
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